Facciamo altri due conti in tasca agli organizzatori del Settembre al Borgo 2014. Il festival è stato finanziato con quasi 500mila euro di denaro pubblico, stanziato dalla Regione Campania (400mila) e dalla Provincia di Caserta (95mila). E proprio perché sono soldi nostri, è giusto, anzi doveroso, sapere come sono stati spesi. E anche stavolta, arricchendo di una nuova puntata l’inchiesta di Campania Notizie, sulla manifestazione, ci affidiamo ai “numeri”. Il nostro giudizio sulla kermesse di quest’anno è sempre stato netto: un disastro. Ma le nostre argomentazioni sono sempre state suffragate da dati di fatto. Lo facciamo anche in questo caso. Veniamo al dunque. Nella delibera n. 79, approvata lo scorso primo settembre dalla giunta provinciale presieduta da Domenico Zinzi, troviamo la voce “Cachet, rimborsi artistici e produzioni artistiche”. Bene. Sapete quanto è stato sborsato per pagare cantanti, attori, musicisti, ecc.? La stratosferica cifra di 325.510 euro. Qualcuno potrebbe dire: “E allora? Sono stati ingaggiati artisti di qualità che hanno fatto incassare fior fior di soldi grazie alla vendita dei biglietti”. Osservazione legittima. Chiamiamo in nostro soccorso la matematica. L’anno scorso per la stessa voce (“Cachet, rimborsi artistici e produzioni artistiche”) sono stati spesi circa centomila euro in meno. Ma questo è solo il primo dato che fa drizzare i capelli. Ancora più sorprendente il secondo elemento, sempre squisitamente aritmetico. Quest’anno sono stati venduti 2384 biglietti per otto serate. L’anno scorso invece per 7 serate sono stati staccati la bellezza di 4454 tagliandi. E se, come diceva Totò è la somma che fa il totale, basta fare un calcolo semplice semplice per ricavare che, quest’anno, spendendo 100mila euro in più per il cachet agli artisti si sono venduti 2070 biglietti in meno. Il motto del Settembre al Borgo 2014 è stato “più spendi, meno incassi”, oppure “paghi tre, prendi due”. Al presidente Zinzi e al direttore artistico Nunzio Areni possiamo solo dire: “bene, bravi!”. Ma non sia mai “bis!”.
Mario De Michele
(continua)