Antonello Velardi chiude il diario su facebook, l’unico canale di comunicazione con i cittadini e annuncia ancora una volta la necessità di riflettere per capire dove fermarsi. Le nuove perplessità del sindaco sono scaturite dopo il cambio in giunta della Paolella. Ecco il testo: “Non ne vale la pena, sono perle per i porci”, diceva Giuseppe D’Avanzo. Aveva un carattere fumantino Peppe, ma era un giornalista bravissimo, il più bravo. Lavorava a Repubblica, sfornava scoop a ripetizione. Raccontava ciò che gli altri non erano in grado di scrivere, era il padre del giornalismo d’inchiesta. Era il giornalista con cui parlava Giovanni Falcone, con cui si confidava Giovanni Falcone. Non c’era un segreto dell’apparato istituzionale italiano che Peppe non conoscesse. Ma aveva un carattere particolare, un brutto carattere. Quando arrivava in redazione a Repubblica, a Roma, per partecipare alla riunione era già quello un segno preciso: significava che aveva uno scoop, una notizia molto importante. Il direttore lo lasciava parlare, lui cercava di spiegare. Questioni complesse, mai semplici. Il direttore insisteva, replicava, scavava, e metteva in dubbio anche parti del suo racconto. Faceva il direttore, poneva domande. D’Avanzo resisteva, tirava l’ennesima boccata di sigaretta, provava a spiegare, ad accennare qualcosa. Tra sé e sé pensava: “Questi non capiscono niente e io sto qui a perdere tempo con loro”. Resisteva un po’, si sforzava di stare calmo, si accarezzava i baffoni ma poi sbottava a voce alta: “Non ne vale la pena, sono perle per i porci”. E se ne andava infuriato. Era la conferma che quello che portava era uno scoop, cioè una grande notizia. E cominciava il rito del recupero: bisognava parlargli, spiegargli che lui aveva ragione e che gli altri non avevano capito niente. Il rito durava un paio d’ore, poi lui si calmava quando capiva che il pezzo sarebbe stato pubblicato e anche in buona posizione. Senonché il pezzo veniva pubblicato ma direttamente in prima pagina, anzi di apertura del giornale. Perché appunto era uno scoop. Con i suoi articoli, Peppe ha fatto dimettere ministri e presidenti del consiglio, ha messo in difficoltà il governo americano, ha fatto riaprire alcune importanti indagini sulle stragi di mafia, ha fatto calare il velo sul rapporto politica-mafia. Poi Peppe improvvisamente è morto, una domenica mattina, mentre andava in bicicletta, la sua ultima passione. Un infarto fulminante. Con lui se n’è andato una fetta importante del giornalismo internazionale e si è spento un faro di civiltà e di democrazia. Peppe era napoletano, abitava a via dei Fiorentini; era un uomo coraggioso. Firmò il suo primo scoop scrivendo dell’inchiesta sul treno 904, alzando il coperchio di una pentola dove erano nascosti vergognosi interessi. Fu incarcerato per quello scoop, perché non volle rivelare la fonte: qualche giorno in prigione, ne uscì a testa alta. Con Peppe è morta la sua grande passione civile. Ho pensato a lui, a quella sua frase (“Non ne vale la pena, sono perle per i porci”), oggi ripetutamente. Ci stavo riflettendo da qualche giorno, ma oggi mi è ritornato tutto nella mente, con prepotenza. Ho riletto con attenzione tutto ciò che facebook ha vomitato in queste ore a proposito di alcune mie decisioni, a partire dalla sostituzione dell’assessore Antonietta Paolella. Un persona a me cara per ciò che rappresenta in questa città, un intellettuale di una straordinaria passione civile e di un grande rigore, il professore Salvatore Delli Paoli, si è dovuto prendere gli insulti per aver espresso un’opinione, semplicemente un’opinione. Ho visto all’opera i peggiori sgherri, gli analfabeti di ritorno, i più imbecilli, i meno titolati dal punto di vista morale e culturale, che davano lezioni alla città. E a me hanno detto di tutto, mi hanno offeso come neanche si usa con le peggiori baldracche. Mi hanno attribuito colpe che non ho semplicemente perché non ho assecondato operazioni di potere personale. Mi hanno spiegato che ricevere una carta surreale a casa non è come ricevere una busta con i proiettili ma è semplicemente un errore di un ufficio, di qualche burocrate distratto. Un maestro di diritto, un giovane avvocato, ha precisato che non devo preoccuparmi perché è prassi. Sì, avete letto bene: è prassi. E l’eterno sacro difensore della democrazia, l’uomo che ha fatto del paradosso la sua ragione di vita, mi ha dato il consiglio finale: posso andare a cacare, basta con il Diario. Ho capito molte cose, leggendo ciò che ha vomitato facebook: ho rotto troppi equilibri a Marcianise, ho scardinato troppi interessi, ho colpito troppe famiglie e troppi gruppi di potere. C’è una parte della città che è votata al familismo amorale e lo pratica costantamente, sempre, protetta da un finto perbenismo e dagli scudi politici. E’ quella parte cui la trasparenza dà fastidio, è quella parte che deve fare molti passi in avanti prima di capire che cos’è davvero la democrazia partecipata e come la cosa pubblica va amministrata. “Non ne vale la pena, sono perle per i porci”: la frase mi risuona in testa, come un’ossessione. E perciò mi fermo. Devo cercare un angolo più protetto dove andarmi a riparare, devo stare attento, devo capire meglio come e cosa denunciare. Devo capire chi mi vuole colpire, devo capire perché si saldano tutti questi interessi. Scelgo la strada della prudenza, della ragionevole prudenza. E chiudo qui il mio Diario. Continuerò a fare il sindaco ma con quella frase in testa: “Non ne vale la pena, sono perle per i porci”. Lo continuerò a fare non so per quanto, capirò davvero che cosa fare, capirò dove fermarmi. E’ una sconfitta per me chiudere questo Diario ma non ce la faccio più. Un giorno ci ritroveremo forse da qualche altra parte, non so dove e non so come. Con questo Diario se ne va anche un pezzo di me, nulla sarà più come prima. Mentre scrivo mi compare ora un messaggio sul telefonino, me lo manda Pasquale Siciliano, patron del Volley Marcianise. Lo trascrivo qui: “Buonasera sindaco, stasera abbiamo giocato a Capua l’ultima partita del girone di andata e abbiamo vinto 3-0. Decima vittoria di fila dei nostri ragazzi. #sempreprimi”. Chiudo con questo messaggio, è un messaggio di speranza; è il volto migliore della nostra città: vinciamo sempre, ovunque. Ma stasera io perdo, vincono gli uomini delle caverne: mi hanno battuto giù quelli che vengono dalle tenebre, sono ancora troppo forti. E mi dispiace molto per i marcianisani che vivono fuori, in Italia e all’estero: il Diario era un pezzo di radice, li faceva sentire meno lontano. Ciao a tutti, è stato molto bello fare insieme a voi questo tratto di strada. Buonanotte, e stasera non è un arrivederci a domani.