È Giovanni Melillo il nuovo capo della procura di Napoli. La decisione è stata presa a maggioranza, dopo cinque mesi di discussioni in commissione al Csm e un dibattito in plenum a tratti aspro. L’ex capo di gabinetto del ministro Orlando, poi sostituto pg di Roma, andrà a dirigere la procura più grande d’Italia, con 9 aggiunti e 97 sostituti. Posto lasciato vacante a febbraio da Giovanni Colongelo, andato in pensione. Come è apparso chiaro già nelle scorse settimane, quando la commissione per gli incarichi direttivi si era spaccata, non è stato trovato un accordo sul nome del procuratore di Napoli e si è andati alla conta. Al termine di una discussione protrattasi per oltre otto ore, il plenum si è spaccato, preferendo alla fine Giovanni Melillo con 14 voti, contro i 9, e due astenuti, sul procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, che ora rimane in corsa come candidato alla procura nazionale antimafia, il cui vertice dovrà essere rinnovato il prossimo inverno. Per Melillo tutti i laici, ad eccezione di Alessio Zaccaria indicato da Cinquestelle che si è astenuto, così come il togato di Autonomia e Indipendenza, il gruppo di Davigo, Aldo Morgigni. Lo hanno votato anche il primo presidente e il Pg della Cassazione, il togato di Magistratura Indipendente Claudio Galoppi e cinque su sette consiglieri di Area. Non ha partecipato,invece, al voto come di consueto il vicepresidente Giovanni Legnini, che ha voluto sottolineare come “il confronto sia stato libero e senza alcun condizionamento interno ed esterno”. Per Cafiero, invece, i consiglieri di Unicost e quelli di MI e gli altri due di Area. Tra gli argomenti di chi ha votato Melillo, e che viene citato anche nella proposta a suo favore, il riferimento alla presunta situazione di incompatibilità di Cafiero de Raho per il figlio penalista, una questione familiare che ha imposto la secretazione di parte della discussione in plenum. Di contro ha pesato per Melillo la vicinanza temporale con l’esperienza fuori ruolo, terminata solo di recente, senza quello che è stato definito un “bagno di giurisdizione”, un periodo di ‘decantazione’ in settori strettamente legati alla giustizia. Definizione che ha raccolto le critiche del presidente della Cassazione, Giovanni Canzio, che ha invitato a non mortificare le “vocazioni”: “Le accuse di carriere parallele come tutte le fatwe e i pregiudizi ideologici sono affetti sempre da una qualche ottusità. Come in passato è avvenuto per Falcone e Loris D’Ambrosio, mi è sembrato di avvertire la stessa retorica – ha detto -. Falcone e D’Ambrosio hanno dimostrato che pur lavorando nei palazzi erano magistrati con la schiena dritta”. Melillo, nato a Foggia, ha 57 anni, è più giovane del suo concorrente, ed è al suo primo incarico di capo di una procura, pur avendo ricoperto a lungo il ruolo di procuratore aggiunto sempre a Napoli. È stato prima pretore poi pm e sostituto alla Dna. Il ministro Orlando nel 2014 l’ha chiamato al ministero, dove per tre anni è stato capo di gabinetto. Di Melillo, nel fascicolo agli atti del Csm, vengono evidenziate le “capacità organizzative” e lo “spirito di collaborazione”, “l’intelligenza acuta e la preparazione giuridica anche nel settore internazionale”. Come capo di gabinetto, viene messo in rilievo nella proposta al plenum dei relatori Fracassi e Balducci, il “decisivo contributo” alla riorganizzazione del ministero, con un taglio netto delle posizioni dirigenziali e delle procedure ridondanti, il completamento della riforma della geografia giudiziaria, l’impulso al lavoro sul processo telematico.(