Volete sapere come faceva gli affari la camorra durante il boom edilizio di Orta di Atella? Lo spiega con dovizia di particolari il pentito Luigi D’Ambrosio. Facendo nomi e cognomi. Le sue dichiarazioni sono ritenute credibili anche perché sono tra quelle alla base dell’ordinanza di arresto dell’ex sindaco di Orta di Atella Angelo Brancaccio Nel provvedimento cautelare, spiccato nella primavera del 2017 dal giudice Maria Luisa Miranda del Tribunale di Napoli, si fanno combaciare tutti i tasselli degli anni del cemento. Nel corso del suo interrogatorio il collaboratore di giustizia D’Ambrosio ha fatto preciso riferimento ad un’impresa edile facente capo a Pasquale Garofalo, collegata a Nicola Schiavone, oggi pentito, figlio del capo dei Casalesi Francesco Schiavone detto Sandokan. All’epoca dei fatti Garofalo era sposato (ora sono separati) con l’architetto Carmela Capuano, ex assessore della Brancaccio nel 2010. La ditta riconducibile a Garofalo ha ottenuto diversi permessi di costruire su terreni agricoli, divenuti poi edificabili.
“Ricordo – svela il collaboratore di Giustizia Luigi D’Ambrosio – la ditta facente capo a Pasquale Garofalo, marito dell’architetto Carmela Capuano; tale ditta ha costruito diversi immobili in Orta di Atella grazie ai contatti ed ai solidi che forniva Nicola Schiavone. Del resto Pasquale Garofalo figurava come prestanome di Nicola Schiavone. Spesso Pasquale Garofalo si incontrava sul cantiere con Iovine Carmine e lui stesso mi diceva che: “Nicola era forte” intendo dire che era potente”. Ricordo che anche il padre di Capuano Carmela, di cui non ricordo il nome, ha beneficiato di diversi permessi a costruire del comune di Orta di Atella. Anzi ricordo di averlo visto personalmente a casa della figlia. Ricordo tra l’altro che i loro terreni da agricoli venivano trasformati in edificabili grazie al Brancaccio”.
Le dichiarazioni di D’Ambrosio hanno ottenuto riscontri oggettivi. Il gip sottolinea che risultano riscontrate anche le circostanze legate al rilascio di permessi di costruire in favore degli interessati. Infatti gli inquirenti hanno puntato i riflettori in particolare sul PDC (permesso di costruire) n. 248/2004, rilasciato in favore della Capuano Costruzioni Srl e la concessione n.273/2001 rilasciata al padre (deceduto) dell’ex assessore Capuano, per la realizzazione di due complessi immobiliari ricadenti in via Clanio, angolo via Fabrizio De André. Nell’ordinanza di arresto di Brancaccio il Gip spiega nel dettaglio come la Capuano Costruzioni abbia realizzato ad Orta di Atella circa 400 case in zona C1, C2 e D, senza lottizzazione e con permessi di costruire rilasciati grazie all’appartenenza di Carmela Capuano al “sistema”. Dalle indagini è emerso in modo solare che la società ha trasformato “tutti i piano terra da porticato o box auto in unità abitative e attività commerciali”. Lo stesso abuso, scrive il giudice, è stato commesso anche per i sottotetto non abitabili, tramutati in appartamenti. Il “gioco delle tre carte” ha fruttato al padre dell’ex assessore Capuano ben 7,5 milioni di euro. Secondo il Gip “i fabbricati hanno subito un incremento di valore pari al 100%, ossia da euro 7.500.000 a 15.000.000”.
Per comprendere meglio il funzionamento del “sistema” il giudice illustra come il valore di alcuni immobili sia schizzato alle stelle Nell’emettere l’ordinanza di Brancaccio il giudice Miranda del Tribunale di rimarca che i pentiti riferiscono di fatti di cui hanno conoscenza. Il narrato appare coerente e mai contraddittorio, sia con riferimento al “nucleo centrale” sia con riferimento ad aspetti marginali, è possibile “apprezzare la precisione, la coerenza interna e la ragionevolezza”. Non sono emerse circostanze in grado di smentire le dichiarazioni rese; le stesse, infine, appaiono supportate da riscontri individualizzati, riscontro che ben può fondarsi sulla cosiddetta “convergenza del molteplice”. Ci auguriamo vivamente che l’inchiesta della pm della Procura Napoli Nord si reintrodotto l’art. 7 (l’aggravante per aver favorito il clan) perché sarebbe l’unico modo per incastrare imprenditori e tecnici che hanno intascato fiumi di soldi durante la cementificazione del territorio.
L’udienza preliminare sulla richiesta di rinvio a giudizio dei 63 indagati sugli abusi edilizi è attesa per il prossimo 28 gennaio. Si spera che sia una prima tappa per fare davvero pulizia e sbattere in cella chi si è arricchito illegalmente facendo soldi a palate. In caso contrario finirebbe tutto a tarallucci e vino. Senza l’aggravante dell’art. 7 i reati urbanistici e amministrativi saranno inevitabilmente prescritti. E come spesso avviene in Italia “chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, ha dato, scurdammoce ‘o ppassato”. Ma se non c’è certezza della pena non ci sarà mai certezza del diritto. Bruttissimo segnale.
Mario De Michele