Tutto pronto a Gricignano di Aversa per l’edizione 2019 del ‘Carnevale Atellano’, manifestazione cofinanziata dal Poc Turismo 2014/2020 della Regione Campania, con la collaborazione determinante delle associazione attive sul territorio. La rassegna avrà inizio domenica 3 marzo, a partire dalle 9,30, a Corso Umberto, nei pressi della villa comunale ‘Michele Mazzoni’, con la presentazione dei carri e delle maschere. Nel pomeriggio, dalle 14 in poi, ci sarà la sfilata che, dopo aver attraversato via Sant’Antonio Abate, corso Umberto, via Aldo Moro, via Diocleziano, via Aversa, terminerà in piazza Municipio. Lunedì 4 marzo, presso l’istituto comprensivo ‘Filippo Santagata’, ci sarà la ‘Festa in Maschera’. Martedì 5 marzo, giornata di Carnevale, per le strade principali di Gricignano (viale della Libertà, via Aversa, Piazza Municipio, corso Umberto, via De Gasperi, piazza Madonna del Rosario) si terrà una fantastica sfilata di carri e maschere. Sabato 9 marzo, a partire dalle 9,30, presso la centralissima piazza Municipio, ci sarà una nuova festa in maschera con balli di gruppo e coreografie artistiche. Il sipario sul ‘Carnevale Atellano 2019’ di Gricignano d’Aversa calerà domenica 10 marzo con la sfilata di carri e maschere che, dalle prime ore del mattino, attraverserà via Sant’Antonio Abate ed arriverà presso la zona U.S. Navy. Nel pomeriggio, dopo la partenza dal parco Spezzaferri, il corteo attraverserà Ponte Mirabella, via Sant’Antonio Abate, corso Umberto (Villa Comunale), via Aldo Moro, via Diocleziano, via Madonna dell’Olio, via Aversa, piazza Municipio. L’obiettivo degli organizzatori della manifestazione è quello di riportare alla luce le tradizioni e le usanze di ‘Atellana’, l’antica farsa romana caratterizzata da un linguaggio popolare e contadinesco e da maschere fisse. Il carnevale rappresenta un appuntamento vissuto con grande partecipazione in tutte le comunità ma, in questa zona della provincia di Caserta vanta una tradizione culturale di grande prestigio. È nella terra d’origine delle Fabulae atellane, infatti, che il carnevale acquista il suo significato più profondo, trasformandosi in una festa che coinvolge l’intero territorio e che ripercorre le tradizioni delle maschere dall’antica Atella fino ad arrivare ai nostri giorni.

 

Sorta intorno al quinto secolo A.C. fra le popolazioni osche della Campania, il nome ‘Atellana’ trae origini proprio dall’antica città di Atella. La sua prima comparsa risale all’epoca in cui le genti osche, imitando un genere popolare, misero in atto una farsa rozza e realistica che mescolava l’ironia ad allusioni scherzose, talvolta anche di cattivo gusto. L’ambiente era quello rurale o dei mestieri e degli ambienti più modesti. Questo genere di spettacolo inizialmente aveva luogo nelle carovane che permettevano agli attori di spostarsi di città in città: le compagnie teatrali erano itineranti e viaggiavano su un carro che molto spesso diventava un palco improvvisato su cui esibirsi. Gli attori recitavano seguendo un canovaccio anche se la rappresentazione, per la maggior parte dei casi, si affidava a un’improvvisazione di breve durata dal carattere popolare e farsesco: una delle sue caratteristiche era proprio quella di non avere un filo logico o una vera storia scritta. L’unica cosa certa erano i personaggi, riconoscibili da maschere fisse: Maccus, lo sciocco sbeffeggiato, dal greco μακκoàν ‘fare il cretino’ ma anche di origine italica ‘uomo dalle grosse mascelle’, indossava sempre un copricapo bianco di origine siriana probabilmente a causa della sua calvizie; Buccus, da bucca, termine utilizzato per dire ‘uomo dalla bocca larga’, era il grasso ciarlatano, ghiottone maleducato, il fanfarone che parlava a vanvera; Pappus, da pappos ‘antenato’, era il vecchio babbeo, rimbambito e avaro; Dossennus, dalla radice etrusca -ennus, il nome è riconducibile al latino dossum, dorsum, ‘gobba’; è il gobbo saccente e astuto. A queste maschere antropomorfe se ne aggiungeva un’altra: Kikirrus, una maschera teriomorfa (ovvero con l’aspetto di un animale) il cui stesso nome richiama il verso del gallo. Quest’ultima maschera ricorda da vicino il Pulcinella che è sopravvissuto nella tradizione comica napoletana. Stando ad alcune testimonianze l’Atellana veniva rappresentata dopo le tragedie, a chiusura dello spettacolo, e per questo fu accostata al dramma satiresco greco. Raffronti sono stati fatti (anche per l’uso di maschere) con la commedia dell’arte italiana. I più importanti autori latini di Atellana furono Nevio e Lucio Pomponio (primi decenni del I secolo a.C.), ma pare che recitò in Atellane anche Plauto, il maggiore esponente della commedia latina. A Roma l’Atellana ebbe grande e duraturo successo grazie alle allusioni scherzose, talora anche pesanti e ad un diffuso gusto popolare per il comico e per la beffa. Dapprima presentata isolatamente, poi, stando alle testimonianze forniteci dallo Schober in ‘De Atellanarum exodiis’, fu riesumata al termine della rappresentazione ufficiale della tragedia, come chiusura dello spettacolo, in brevi farse improvvisate, dette exodia, farse finali. Inizialmente era rappresentata da dilettanti romani, in seguito, gli spettacoli teatrali furono affidati ad attori professionisti (histriones). Prese per la prima volta forma letteraria al tempo di Silla, con testo scritto, avvicinandosi peraltro alla commedia palliata, soprattutto per merito di uno dei suoi più noti cultori Lucio Pomponio vissuto nel I sec. A.C.

 

 

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