Le Stolpersteine, pietre di inciampo dedicate alla memoria delle vittime del nazi-fascismo già presenti in moltissime città, saranno installate anche a Napoli. Oggi l’assessore alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, Eleonora de Majo, i proponenti Alfredo Cafasso Vitale e Nico Pirozzi, con l’artista Gunther Demnig installeranno a piazza Borsa, all’altezza del civico 33, le pietre d’inciampo dedicate alla memoria di Amedeo Procaccia, Iole Benedetti, Aldo Procaccia, Milena Modigliani, Paolo Procaccia, Loris Pacifici, Elda Procaccia, Luciana Pacifici e Sergio Oreste Molco, tutti membri della comunità ebraica di Napoli costretti ad abbandonare le proprie case al momento della promulgazione delle leggi razziali per cercare rifugio altrove, tutti arrestati e deportati ad Auschwitz. Le creazioni delle Stolpersteine dell’artista Demning, avviate in Germania nel 1995, sono ormai presenti in numerose città europee, per depositare, nel tessuto urbanistico e sociale delle città, una memoria diffusa delle migliaia di ebrei che furono deportati verso i campi di lavoro e prigionia. Ma sull’iniziativa è montata la polemica a Napoli: la Comunità ebraica di Napoli annuncia che non parteciperà alla cerimonia di installazione in piazza Bovio delle nove pietre di inciampo in memoria delle vittime dell’Olocausto perché in contrasto da qualche tempo con l’assessore De Majo.
“Apprendiamo che martedì 7 gennaio l’artista tedesco Gunther Demnig sarà a Napoli per installare nove pietre d’inciampo (Stolpersteine) in corrispondenza di quella che fu l’ultima residenza delle famiglie Procaccia-Pacifici-Molco, prima di essere deportate e assassinate ad Auschwitz. Ricordare le vittime della più infame pagina della storia è un gesto nobile, che fortifica i valori di giustizia, libertà, solidarietà e democrazia. Qualità umane e sociali, che non potevamo fare a meno di condividere, sin da quando l’ingegnere Alfredo Cafasso Vitale ci propose l’installazione delle nove Stolpersteine in piazza Bovio, e l’allora assessore Nino Daniele approvò con entusiasmo, come molte altre iniziative organizzate dalla Comunità ebraica di Napoli. La recente nomina ad assessore alla Cultura della signora Eleonora de Majo, nota per il suo attivismo antisraeliano, ci induce, però, a ripensare la nostra partecipazione all’iniziativa. Senza scomodare la senatrice Liliana Segre e la sua lezione di stile tenuta in occasione dell’inopportuna e strumentale offerta di cittadinanza onoraria fatta dal Comune di Napoli, ci piace ribadire che ci sono cose che passano e altre che restano, soprattutto nella memoria immateriale della città. Ebbene, iniziative come quella di installare le nove Stolpersteine rientrano in quest’ultima casistica. Pertanto, per loro stessa natura non possono prestarsi a equivoci di sorta, soprattutto se in gioco ci sono valori dal significato alto e inequivocabile, come il diritto di esistere per lo Stato d’Israele. Quindi, appare quanto meno paradossale, che ci sia qualcuno a ricordare gli ebrei morti per poi disprezzare quelli vivi, come – ahinoi! – abbiamo troppo spesso visto e ascoltato. E non ci si dica, ancora una volta, che antisionismo e antisemitismo sono cose diverse tra loro. No, antisionismo e antisemitismo sono le due facce di un’identica medaglia, come ha più volte ricordato l’International Holocaust Remembrance Alliance (Ihra). Un assioma, quello adottato dall’organizzazione intergovernativa tedesca, internazionalmente accettato e anche adottato. Auspichiamo – è il caso di riaffermarlo – anche a Napoli, la città delle Quattro Giornate; la città che nel novembre 2015 ebbe il coraggio civile di cancellare da una strada il nome di Gaetano Azzariti (presidente della Corte Costituzionale ma anche del tribunale della razza) per sostituirlo con quello di Luciana Pacifici, la più piccola delle vittime partenopee della Shoah. Cose che contano e pertanto restano nella storia e nella memoria di Napoli e dei napoletani. Per questo motivo diserteremo non solo la cerimonia del 7 gennaio, ma anche tutte quelle che vedranno la presenza della signora Eleonora de Majo. Una persona che – lo ribadiamo – ha espresso giudizi tanto superficiali quanto offensivi per quegli ebrei che, sia a Napoli che in tutta la diaspora e in Israele, sono stati testimoni del più grande progetto di genocidio che mente umana abbia mai concepito. La Comunità ebraica di Napoli ricorderà Luciana e Loris Pacifici, Milena Modigliani, Iole Benedetti, Oreste Sergio Molco, Amedeo, Aldo, Elda e Paolo Procaccia, il prossimo 30 gennaio (alle ore 10 a piazza Bovio e alle 11 in via Luciana Pacifici), in occasione del settantaseiesimo anniversario della loro deportazione ad Auschwitz. Lo farà assieme ai tantissimi napoletani che rifiutano la facile retorica e con essa tutte le forme di strumentalizzazione, convinti che rispettare gli ebrei vivi e le loro istituzioni sia il modo migliore per ricordare quelli risucchiati nel vortice della Shoah”.
Non si è fatta attendere la risposta dell’assessore partenopeo. “Mi spiace sinceramente per chi ha scelto questa importante celebrazione come ennesima occasione di polemica ma Napoli martedì ricorderà le vittime della Shoah nel rispetto della storia antifascista nella quale ognuno di noi si riconosce orgogliosamente”. Così Eleonora de Majo, commentando la presa di posizione della Comunità ebraica di Napoli che ha deciso di non partecipare alla cerimonia di installazione delle pietre d’inciampo dedicate alla memorie delle vittime napoletane del nazifascismo. “Apprendo dalla stampa – scrive de Majo – che la comunità ebraica non sarà presente a causa delle mie posizioni contro lo Stato di Israele. Nel rispetto delle scelte insindacabili di ognuno, ritengo questa sovrapposizione pericolosa e profondamente disonesta intellettualmente. Criticare, anche aspramente, la politica di uno Stato non ha nulla a che fare con i rigurgiti di odio ed intolleranza che pure stanno tornando sempre più forti e volenti nella nostra società. L’antisemitismo esiste, è vero, ma bisognerebbe cercarlo dove cresce rigoglioso, vale a dire nelle sedi dei gruppi di estrema destra di cui sempre meno e con sempre meno convinzione si chiede la chiusura”.
Giuseppe Cordova