di *Carmine Crisci

E’ il caso di stare ancora una volta a commentare i recentissimi dati dell’ISTAT sulla crescita della disoccupazione, in particolare nel Mezzogiorno e con riferimento prevalente alla situazione giovanile e femminile?

La CISL di Caserta da anni è impegnata in una strategia tendente da un lato ad arginare le emergenze più pressanti, specialmente per quanto attiene al tessuto industriale del territorio sempre più lacerato, dall’altro a delineare gli assi sui quali è possibile intervenire per creare un nuovo sviluppo fondato sulle vocazioni territoriali: turismo, rilancio dell’agricoltura nell’ottica di un’integrazione crescente con l’industria di trasformazione, piccola e piccolissima azienda. Su queste questioni l’interlocuzione incessantemente cercata dalla CISL con le istituzioni, dentro un’ottica di responsabilità, si è scontrata con un modo di fare politica e di essere istituzioni che assomiglia ad un muro di gomma, che assorbe domande e critiche senza essere capace di proposte e azioni conseguenti.

Ormai l’area del disagio sociale cresce vertiginosamente e si alimenta di nuovi ceti, quelli una volta medi, sempre più impoveriti, nei quali la situazione attuale si somma ad una mancanza di prospettive alimentando sfiducia nella politica e nelle istituzioni sempre più viste come un costo per la collettività e non come i presidi della democrazia.

A Caserta e provincia la crisi è arrivata da tempo, ben prima di quella attuale ormai sfociata in recessione crescente. Da tempo è iniziato un processo di de-industrializzazione, di scomparsa di aziende ad alta intensità di lavoro: il rischio attuale è che, in mancanza di iniziative serie, più volte reclamate dal sindacato e in primo luogo dalla CISL, il processo si estenda ad attività industriali importanti, utili allo sviluppo del territorio, quali il FIREMA nel settore del materiale ferroviario, la DSM di Capua nel settore farmaceutico, la JABIL in quello delle telecomunicazioni.

La gravità ulteriore consiste nel fatto che le istituzioni stanno a guardare, come le stelle di un famoso romanzo, mentre sono invece impegnate a tempo pieno e con tenacia degna di miglior causa a fare “verifiche di maggioranza”, rimpasti di giunta, litigi su assessorati e spartizione dl potere. In questa attività frenetica fanno a gara tutte e senza sosta: Comuni, Provincia e Regione Campania, impegnandosi in questo modo a fornire argomenti a iosa a quell’anti-politica che dicono di voler combattere.

Il caso della IXFIN è evidente ed emblematico: 800 lavoratori senza neanche i 400 euro al mese di CIG in deroga perché il decreto giace in qualche cassetto in attesa di firma da ben nove mesi. Ma non per tutti la crisi è una rovina. Per alcuni, anzi, è addirittura un’opportunità, un’occasione per fare affari: è questo il caso dei finti salvataggi di aziende in crisi, che spesso finisce con l’acquisizione a costo zero delle aree industriali, a cui non segue alcuna ripresa di attività produttiva.

Col risultato che i lavoratori, nel migliore dei casi, vengono sistematicamente collocati nel calderone degli ammortizzatori sociali e nel peggiore restano senza lavoro, mentre le aree accaparrate diventano la gallina dalle uova d’oro in cui, una volta intervenuto il cambiamento della destinazione di uso, vengono allocate attività commerciali o speculazione edilizia. Questo fenomeno nel territorio casertano non ha dovuto aspettare la crisi attuale: è antico così come è antica la denuncia della CISL; il rischio attuale è solo che alcuni aspettano la crisi definitiva delle aziende sopra-citate per poter continuare nella prassi degli accaparramenti. Nel territorio casertano ci sono oltre SEI MILIONI di metri quadri di attività industriali dismesse, e manca ancora una Legge regionale, incessantemente richiesta dalla CISL, sul modello di quella lombarda che rimetta alla disponibilità della Regione e dell’ASI l’area su cui cessa l’attività produttiva.

In questo vuoto legislativo, nella carenza di controlli da parte delle istituzioni, nella mancanza di iniziativa da parte dell’ASI che con la nuova Presidenza di Cappello ha dato solo l’impressione iniziale di invertire la tendenza all’inerzia delle gestioni precedenti ma che alla prova dei fatti non ha cambiato nulla, si inserisce l’attività dei gruppi speculativi che si sono visti all’opera in questi anni. Due esempi per tutti: l’area dell’ex Tabacchificio dell’ATI di S.Maria Capua Vetere, molto appetita perché limitrofa alla variante ANAS e al nuovo Casello autostradale dell’A1, nella quale si stanno allocando abitazioni private e centro commerciale; l’area ex 3M in cui il Consorzio SOCRATIS, il Comune di S. Marco Evangelista e l’ASI continuano a frazionare l’area mentre non si vedono sorgere le attività di cui all’Accordo di programma, peraltro non ancora finanziato né nella parte regionale né in quella nazionale, che avrebbe dovuto re-industrializzare il sito recuperando i lavoratori IXFIN, 3M, COSTELMAR e FINMEK attraverso nuovi progetti produttivi.

Ma queste due realtà sono solo la punta recente di un iceberg che cresce da anni: basti pensare all’area ex TEXAS INSTRUMENTS di Aversa, oggetto di un’indagine della Magistratura dietro denuncia della CISL; all’area FINMEK già ITALTEL; alle aree industriali dismesse nel settore chimico quali la VAVID di Capua, la POZZI, l’IPLAVE, la UCAR CARBON, così come al Polo calzaturiero UNICA e al Polo tessile Carinaro-Gricignano. La CISL denuncia ancora una volta questo fenomeno che, in un territorio come il nostro ad alta densità criminale, può essere uno dei meccanismi di riciclaggio di risorse provenienti da attività malavitose e camorristiche e sollecita fortemente la Magistratura casertana, che tanti meriti ha acquisito nella repressione del crimine organizzato, ad aprire un’indagine approfondita su questa questione scoprendo illeciti e complicità.

La CISL assicura massimo sostegno ad ogni iniziativa tendente ad arginare questo fenomeno che da un lato mina alla radice ogni seria possibilità di uscita dalla crisi e la messa in cantiere della ripresa di attività industriali nel territorio per mancanza di aree disponibili; dall’altro rappresenta una forma di concorrenza sleale verso investimenti industriali seri e non fittizi. Infine il dilagare di questo fenomeno, che ormai ha assunto proporzioni enormi, se non viene finalmente e seriamente combattuto, finisce per essere una sorta di istigazione a concepire e praticare questo territorio non come luogo di investimenti produttivi ma come occasione di speculazione ad ogni livello.

In questo senso la CISL non può fare a meno di sottolineare il silenzio assordante che su questo problema viene dalle stesse Associazioni imprenditoriali e perfino da un’istituzione importante quale la Camera di Commercio. Per la parte che ci compete la CISL non intende demordere nella sua azione di denuncia e di sollecitazione a tutte le parti sociali e istituzionali ad intervenire su una questione che riteniamo cruciale per il futuro delle attività produttive del nostro territorio.

Da questo punto di vista vogliamo mettere in campo iniziative concrete a partire dalla richiesta di un Tavolo di analisi e confronto su di essa che può vedere impegnata la stessa Prefettura con il coinvolgimento delle associazioni imprenditoriali, delle forze sociali e delle istituzioni locali e regionali.

*Segretario provinciale Cisl Caserta

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