CASERTA – Anche il Sicet di Caserta, tramite il suo segretario interviene in merito alla nomina di 15 sub commissari dell’ Istituto Case Popolari fatta in questi giorni dal Presidente della Giunta regionale. Avranno il compito di supportare i commissari nella gestione degli organismi due sub commissari nominati a Caserta (Nicola Cinque e Giuseppe Raimondo) e a Benevento (Pietro Farina e Aniello Cuomo). Per Napoli, sono stati scelti Cristiana Fevola, Angela D’Angelo, Roberto Castelluccio, Annio Majatico e Gaetano Palumbo.
A Salerno, vanno Napoleone Cioffi, Domenico Volpe, Ernesto Malinconico e Maria Giovanna Maiese mentre ad Avellino sono stati nominati Pasquale Nunziata e Carmine Ruggiero. Le nomine, stando a quanto si legge nei decreti firmati dal presidente della giunta regionale Stefano Caldoro, sono pro tempore in quanto si rimanda a successivo provvedimento la nomina di un sub commissario unico, mentre resta al palo la riforma degli Istituti autonomi che ne prevedeva la trasformazione in aziende regionali per l’edilizia sociale (Ares).
I sindacati e i cittadini si domandano: il governo regionale non aveva sciolto i Consigli di amministrazione degli Iacp nominando, altresì, dei commissari per la durata massima di diciotto mesi?. E alla fine del loro mandato, sarebbe stata approvata una riforma complessiva della gestione del patrimonio pubblico? Invece, al posto dell’applicazione delle leggi 10/11/2011 n. 17 e 06/12/2011 n. 21, il Consiglio Regionale, su proposta del governo regionale, ha provveduto, prima, ad eliminare, contro ogni norma e ogni logica, il termine di durata dei commissari. e, ciliegina sulla torta, con la legge 09/08/2012 n. 27 (preoccupato delle possibili reazioni) ha proposto di allargare il sottogoverno degli Iacp riservando un posto alle organizzazioni sindacali, ad onta anche delle proteste di quei pochi che, nel Consiglio Regionale hanno usato parole di fuoco contro tale provvedimento.
Il Sicet di Caserta ritiene che la riforma degli IACP non è più rinviabile, stante la gravità delle condizioni in cui versano gli stessi enti, oberati da debiti sempre più pesanti anche per l’assurda condizione in cui versano. La fase di commissariamento, avviata in maniera impropria e in assenza di un quadro normativo chiaro e preciso, impone di accelerare la riforma degli enti gestori e non creare altri rallentamenti.
E’ questa la tanto propagandata riforma? Dove sono le centinaia di alloggi di grande qualità promessi? La grande speranza di una riforma dell’edilizia pubblica, purtroppo, ancora una volta si allontana, immolata su altri interessi che niente hanno a che vedere con la sacrosanta esigenza di creare le condizioni per migliorare la vita dei cittadini e la qualità dei quartieri e delle città e dall’intera provincia”.
I sindacati di categoria, unitariamente, avevano presentato le proprie osservazioni, con l’auspicio che il Consiglio Regionale ne tenesse nel dovuto conto.
La Regione Campania avrebbe dovuto esercitare un ruolo più pregnante in materia di Erp, intervenendo su nodi strategici sia con normative di settore che con risorse adeguate e costanti, ai fini del rilancio di nuove politiche abitative, in grado di dare una risposta strutturale al bisogno casa. Sarebbe essenziale recuperare i gravi ritardi del passato rilanciando fortemente il ruolo del patrimonio pubblico, la cui gestione va adeguata al fine di calmierare il mercato;vanno inoltre affermate strategie di recupero, ristrutturazione e riuso urbano che creino le condizioni per un allargamento della risposta al fabbisogno abitativo. E non è tutto. Va rilanciata la politica di sostegno all’affitto, anche perché la riduzione delle risorse destinate al fondo ha provocato in Campania forti tensioni sociali; che è necessario superare grazie ad un quadro normativo incongruente ed obsoleto in materia di assegnazione e gestione degli alloggi.
I sindacati avevano suggerito a Caldoro che la creazione di un’unica azienda regionale a nostro avviso non era opportuna, né conveniente sotto il profilo della razionalità della gestione. Ancora, le ipotetiche aziende di nuova costituzione non potevano non essere che enti pubblici strumentali della Regione dotati di personalità giuridica e autonomia organizzativa, patrimoniale e contabile. Su questi temi, non si poteva non condividere la necessità di snellire la gestione degli Enti riducendo i costi dell’apparato, ma non a solo discapito delle rappresentanze sociali dell’utenza .
La verità è che questa amministrazione regionale manca un serio indirizzo politico per la casa. La Provincia di Caserta ha un rilevante patrimonio di alloggi pubblici di proprietà degli Iacp e dei comuni. Migliaia di cittadini che vivono in questi alloggi in rioni che spesso versano in situazioni di degrado e di insicurezza. Senza tener conto che di giorno in giorno va ad aumentare una domanda di alloggi pubblici in particolare nelle aree più densamente abitate. La regione Campania, inoltre, continua a sbagliare, nei confronti dei ceti più deboli, infatti ha utilizzato i 42 milioni stanziati dal Governo nazionale solo per finanziare la costruzione di alloggi di edilizia cosiddetta agevolata, a prezzi di mercato, escludendo la possibilità di costruire case popolari.
Veniamo, infine, alla situazione della provincia di Caserta il fabbisogno di alloggi per i ceti più deboli è ancora da terzo mondo. Da anni non si costruiscono più alloggi di edilizia popolare. Intanto la Regione Campania finanzia per Caserta circa 1748 alloggi sociali, di libero mercato e di libero mercato convenzionato che avranno un costo di realizzazione tra i 1500 e i 1700 euro a metro quadrati. Conti alla mano, i cittadini bisognosi non potranno mai accedervi, e questi appartamenti, di conseguenza entreranno nel mercato della speculazione immobiliare. Senza indugiare in analisi scoraggianti,non è più rinviabile una riforma degli Iacp basata suu tre cardini irrinunciabili. Primo, rivedere gli strumenti di assegnazione e di gestione degli alloggi al fine di creare le condizioni per garantire la manutenzione e la sicurezza dei quartieri; pensare ad un programma realistico di riqualificazione e ricostruzione di alcuni quartieri fatiscenti; in ultimo, pensare a meccanismi adeguati di sostegno all’affitto e di tutela della parte più debole della popolazione casertana. Invece, si è fatta l’ennesima operazione di potere che niente ha a che vedere con la voglia di cambiare e seriamente riformare l’edilizia pubblica in Campania. Ci sarebbe da chiedersi quali sono i grandi risultati che hanno ispirato le scelte di questa Regione sulle questioni abitative con Istituti Case Popolari completamente lottizzati e allo sfascio.