CASERTA. “Uno squarcio di luce emerge dal dibattimento che Nicola Cosentino avrebbe il diritto di affrontare da uomo libero”. Così, in una nota, il sen. Vincenzo D’Anna, vicepresidente del gruppo GAL, in merito alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Roberto Vargas nel corso dell’udienza per il processo ‘Il principe e la scheda ballerina’ che vede imputato l’ex Sottosegretario. “Il cosiddetto collaboratore di giustizia Roberto Vargas – spiega D’Anna – rilascia dichiarazioni stupefacenti, che danno luogo a spunti di riflessione illuminanti per l’accertamento della reale sussistenza del concorso esterno di cui è accusato Cosentino”. “Vargas – continua D’Anna – accusa l’ex sindaco di Villa di Briano Raffaele Zippo (Pd) di essere organico al clan Schiavone, e che quel Comune era nella disponibilità politica e amministrativa del clan. Ora, se questa affermazione, come al solito priva di riscontri fattuali, dovesse essere ritenuta valida, cadrebbe in modo eloquente l’accusa rivolta ai fratelli Cosentino nella recente vicenda relativa all’autorizzazione del distributore di benzina che ha determinato l’arresto di Antonio, Giovanni e Nicola Cosentino”. Infatti, rincara la dose il parlamentare del GAL: “in quest’ultima vicenda i pm asseriscono che l’ex parlamentare del Pdl, con la collaborazione del prefetto Elena Stasi, avrebbe esercitato sul sindaco pressioni, con l’aggravante del metodo camorristico, affinché fosse allontanato dal Comune un funzionario riottoso che ritardava il disbrigo della pratica di autorizzazione”. Per il senatore D’Anna: “Se quello che afferma il pentito è da ritenere verosimile verrebbe alla luce che due persone, entrambe colluse con la camorra, avrebbero utilizzato il prefetto di Caserta per dirimere questioni sorte tra di loro! Insomma: un camorrista, Cosentino, avrebbe intimidito un altro camorrista…con il concorso di un prefetto!”. “Se queste sono le prove che hanno portato Cosentino in carcere per aver consumato il presunto reato di estorsione aggravato con il metodo mafioso c’è da rilevare la completa contraddizione tra ciò che sta emergendo dal processo e ciò che è, invece, ipotizzato dagli inquirenti nell’ordinanza di custodia cautelare” conclude D’Anna.