La partecipazione di Nicola Cosentino “alla vita politica attiva costituisce la condizione che il clan dei Casalesi potrebbe sfruttare per reiterare iniziative di condizionamento e garantirsi in tale modo la gestione dei propri interessi illeciti, come già avvenuto in passato”: è uno dei motivi per cui i giudici della X sezione del Tribunale del Riesame hanno accolto la richiesta della Procura di ripristinare la misura cautelare in carcere nei confronti dell’ex parlamentare del Pdl Nicola Cosentino. Il collegio (presidente Gennaro Sessa, giudice estensore Luca Purcaro, giudice Elisabetta Catalanotti) si sofferma sugli atti depositati dal pm Antonello Ardituro e in particolare sulla lettera scritta a Cosentino dal sindaco di Caserta, Pio Del Gaudio, e sulla relazione di servizio dei carabinieri che pedinarono l’assessore regionale Fulvio Martusciello mentre si recava a casa di Cosentino in compagnia dell’imprenditore Giuseppe Fontana, raggiunto da un provvedimento interdettivo antimafia. La lettera, secondo i giudici, dimostra che Cosentino, lungi dall’essere un “politico bruciato”, come avevano ritenuto i giudici che lo avevano scarcerato, “rappresenta un punto di riferimento per gli amministratori locali, che devono a lui la loro elezione, che si consultano con lui prima di aderire a iniziative politiche e che dichiarano apertamente di essere un suo riferimento sul territorio”. I colloqui intercettati tra Martusciello e Fontana, invece, secondo i giudici dimostrano che l’incontro con Cosentino riguardava “anche tematiche propriamente politiche”. L’ex parlamentare, dunque, fino all’ultimo arresto nell’ambito dell’inchiesta sul presunto monopolio dei carburanti, “è stato inserito appieno nella realtà politica locale e nazionale con un ruolo certo non secondario”.