Volendo sintetizzare in un ossimoro il progetto presentato ieri nella sala teatro del carcere di Carinola, dal titolo “Birra della legalità”, si potrebbe parlare tranquillamente di carcere senza sbarre. «Un carcere che oggi vuole lanciare un forte messaggio di educazione alla legalità – queste le parole di Francesco Diana, presidente dell’associazione FormAzione Viaggio – e che attraverso la realizzazione di un birrificio consente di aprire un nuovo orizzonte di economia sociale volto al recupero dei detenuti e nel contempo, di immettere sul mercato un prodotto dall’alto valore simbolico tra i giovani, ai quali è rivolto il messaggio, come la birra».

«Un progetto – secondo Alessandra Tommasino, responsabile della cooperativa sociale “Carla Laudante” di Villa di Briano – che punta ad ampliare le già consolidate esperienze di recupero e assistenza dei soggetti svantaggiati condotte sui beni confiscati, coinvolgendo i detenuti e offrendo loro reali opportunità di riscatto sociale volti alla costruzione di percorsi di recupero non solo materiali, ma anche e soprattutto delle coscienze di quei tanti protagonisti di una criminalità organizzata che nel passato hanno devastato questo territorio». «Un recupero – così Nicola Salvi, project manager di Invitalia – che non può prescindere dall’esigenza di superare la troppa sufficienza che spesso si adopera nel giudicare in maniera negativa queste terre. Un percorso di crescita che si potrebbe paragonare al fiore di loto, un fiore celebre per la sua bellezza, per il candore dei propri petali, ma che affonda le radici nel fango. Un fiore che in questa circostanza rappresenta la possibilità per i 118 ergastolani presenti a Carinola di trasformare i loro errori e le loro condanne in un punto di partenza per la rinascita sociale e umana di questo territorio».

Rinascita testimoniata dall’esperienza di Andrea Bertola, mastro birraio della cooperativa torinese PausaCafè, che ha condiviso con la platea il racconto di come il lavoro coi detenuti ha portato alla realizzazione di un micro birrificio del carcere di Saluzzo e di un’ampia area di produzione di caffè e cacao nel carcere delle Vallette di Torino, e di come gli stessi detenuti hanno saputo cogliere in questo lavoro una vera e propria lezione di vita imparando ad anteporre alla logica della competizione, tipica della criminalità, quella della cooperazione, necessaria al benessere della comunità. Significative sotto questo aspetto le testimonianze oramai storiche di Peppe Pagano e di Giuliano Ciano della NCO (Nuova Cucina Organizzata) che grazie al contributo di ben 16 cooperative sociali quest’anno hanno arricchito notevolmente quel Pacco alla camorra che proprio in queste ore approda al parlamento europeo per testimoniare una volta in più la quotidiana lotta alla criminalità condotta nelle terre dei clan attraverso i mezzi dell’economia sociale.

A completare il quadro della giornata, la premiazione dei vincitori del concorso letterario “A cuore aperto”, iniziativa condotta sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica che ha raccolto numerose lettere di altrettanti detenuti tra le quali è risultata vincitrice quella scritta da Massimo Buccolieri, letta per l’occasione da Filiberto Imposimato, figlio di Franco, sindacalista di Maddaloni ucciso nel 1983 dalla camorra nell’ambito di azioni intimidatorie nei confronti del giudice Ferdinando Imposimato, fratello di Franco, titolare di importanti inchieste sull’omicidio Moro e sulla banda della Magliana, anch’egli presente alla mattinata per portare la propria testimonianza di impegno nel contrasto alla criminalità organizzata.

Ad impreziosire la lunga mattinata di interventi condotta dalla giornalista de “Il Mattino” Tina Cioffo, da registare gli interventi di Vincenzo De Angelis, ex sindaco di Cesa e figlio di Gennaro, agente di polizia penitenziaria ucciso dalla camorra per essersi opposta al progetto di far entrare armi nelle carceri voluto da Raffaele Cutolo, e di Federico Cafiero De Raho capo della DDA di Napoli che ha salutato con soddisfazione il concorso letterario in quanto testimonianza concreto del pensiero di Paolo Borsellino quando diceva che “La lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”.

 

Vincenzo Viglione

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