Associazioni, sindacati, organizzazioni non governative, organismi ecclesiastici: un ampio fronte della società civile ha chiesto oggi al Governo italiano di non chiudere l’operazione Mare Nostrum, che formalmente termina oggi lasciando il posto all’operazione europea Triton. “E’ un gravissimo errore”: un cartello che va da Cgil e Uil all’Arci, dalle Acli alla Caritas, dalla Comunità di Sant’Egidio alle Chiese evangeliche, da Save the Children a Libera ha chiesto stamani, in una conferenza stampa, di ripensarci. Pur ammettendo che Mare Nostrum “non è la soluzione a tutti i mali”, le organizzazioni hanno sottolineato come in un anno di attività l’operazione di soccorso attuata nel Mediterraneo dall’Italia ha consentito il salvataggio di tante vite umane. I motivi che hanno portato queste persone a mettersi in mare rischiando la vita non sono certo venuti meno, quindi le traversate continueranno e Triton “non fermerà nè le partenze nè le stragi”, perchè “opererà solo in prossimità delle acque territoriali italiane, svolgerà un’azione non di soccorso ma di controllo delle frontiere e non è quindi assimilabile a Mare Nostrum”. “Se Mare Nostrum chiude i morti si moltiplicheranno”, ha spiegato Filippo Miraglia dell’Arci. Le organizzazioni chiedono dunque al governo “di non cedere alle spinte demagogiche e xenofobe e di proseguire con la missione, rafforzando la pressione politica sui partner europei affinchè contribuiscano a mantenerla in vita e a sostenerla economicamente”. “Costa solo 110 milioni di euro all’anno, 9 milioni al mese” ha detto Vera Lamonica della Cgil, che ha chiesto “più coraggio” al governo. Mentre Giuseppe Casucci, della Uil, ha detto che “l’Italia non può permettersi un’altra strage come quella di un anno fa”. Anche Amnesty Italia, Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) e Medici senza frontiere, in una lettera aperta, hanno sollecitato il premier Matteo Renzi a non chiudere Mare Nostrum e a garantire che l’Italia continui le attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo per salvare vite umane in mare. “Il rischio di rivedere tragedie come quelle vissute il 3 ottobre 2013 a Lampedusa è molto alto”, scrivono le tre organizzazioni umanitarie. “Siamo consapevoli che operazioni come Mare Nostrum non possano essere soluzioni permanenti per i migranti e i rifugiati che si dirigono verso la frontiera marittima europea in cerca di assistenza e protezione. Alla continuazione del soccorso in acque internazionali va infatti affiancata l’istituzione di canali di ingresso legali e sicuri che consentano alle persone in fuga dalle aree di conflitto di poter giungere in Europa dove chiedere protezione, evitando pericolosi viaggi in mare a rischio della vita. Ma perché le operazioni di ricerca e soccorso in mare non vengano ridimensionate, perché non ci siano altre migliaia di uomini, donne e bambini fuggiti da guerre per annegare in mare, resta poco tempo”, concludono.