Sono 8.700.000 gli italiani non autosufficienti, malati cronici o ultrasettantenni che nel 2014 hanno chiesto prestazioni infermieristiche private, pagando di tasca propria per far fronte ai bisogni di salute. La spesa privata per prestazioni infermieristiche è stata pari a 2,7 miliardi di euro, di cui oltre 2,3 per assistenza prolungata nel tempo e 358 milioni per quelle una tantum.
E’ quanto emerge da un’indagine Censis presentata al XVII Congresso della Federazione Ipasvi (Federazione nazionale collegio infermieri). Il 54% di coloro che hanno pagato di tasca propria un infermiere lo hanno fatto in nero: il 45% per l’intera cifra e il 9% in parte. Non solo: la necessità di contenere le spese, e altre ragioni, tra cui la convinzione che per alcune prestazioni l’infermiere non sia indispensabile, hanno spinto oltre 4,2 milioni di italiani a scegliere figure come badanti e familiari per prestazioni infermieristiche, con il rischio di inappropriatezza. Infine, sulla professione infermieristica pesa anche, a fronte di una domanda ampia e talvolta inevasa di prestazioni infermieristiche, una disoccupazione in crescita. Tra le cause il blocco delle assunzioni nel pubblico e l’attività libero professionale considerata seconda scelta, oltre che l’assenza di un’offerta strutturata. “Potremmo coinvolgere il Parlamento per una proposta di legge che defiscalizzi le prestazioni assistenziali sanitarie se effettuate da infermieri e le Aziende sanitarie perché inseriscano e mantengano strutturalmente nel territorio infermieri educatori per informare ed addestrare i familiari o i loro sostituti ad un accudimento sicuro dei loro cari” commenta Annalisa Silvestro, presidente della Federazione Ipasvi.