Tra due-tre anni sara’ possibile curare l’Epatite C senza l’interferone. “Un passo in avanti per combattere la piu’ insidiosa malattia del fegato che in Italia causa la morte di una persona ogni ora, in quanto si potra’ arrivare alla guarigione nel 90-95% dei casi”, sottolinea Antonio Gasbarrini, professore ordinario di Gastroenterologia presso l’Universita’ Cattolica di Roma, direttore della Divisione di Medicina Interna e Gastroenterologia del Policlinico Gemelli di Roma e presidente della Fondazione italiana Ricerca in Epatologia.
Al momento sono due le terapie per il trattamento dell’Epatite C: la “duplice” con la combinazione di interferone peghilato e ribavirina (efficace solo nel 30-40% dei pazienti con virus di genotipo 1, il piu’ comune ma il piu’ difficile da trattare) e la “triplice”, dove alla terapia con interferone-ribavirina vengono aggiunti farmaci antivirali diretti di prima generazione come il boceprevir e il telaprevir con un aumento dell’eradicazione del virus fino al 70% dei casi. Nel futuro l’obiettivo da raggiungere sara’ l’eliminazione dalle terapie dell’interferone, un farmaco che presenta numerosi effetti collaterali soprattutto nei malati di cirrosi.