A casa nella sua Sardegna dopo 270 giorni in mano ai sequestratori. In viaggio da mercoledì 18 luglio, “il giorno più bello”, quello della liberazione, è tornata sulla sua terra. “Grazie per non averci lasciati soli. Grazie a chi mi ha ridato la liberta”. “Non dimentichiamo chi non è tornato a casa
e chi è ancora prigioniero”. Rossella Urru parla alla folla di oltre 2.000 persone che si sono radunate nella piazza del suo paese natale, Samugheo, a pochi chilometri da Oristano. Oggi ai pm della Procura di Roma i particolari del suo sequestro. “Mi hanno trattata bene, mai armi puntate contro di me”. Ieri l’arrivo all’aeroporto militare di Ciampino, quando dopo nove lunghi mesi, ha potuto riabbracciare la mamma Marisa e il papà Graziano, e i due suoi fratelli. Quindi il saluto dell’Italia dal premier, Mario Monti. Oggi il colloquio con il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Ma, prima, tre ore davanti ai pm per ricostruire le varie fasi del sequestro. Ha spesso cambiato luogo di detenzione. Agli inquirenti ha spiegato di aver compiuto “lunghi trasferimenti a piedi ma di non poter descrivere i luoghi” e le persone che l’hanno tenuta in ostaggio. Nel suo racconto la cooperante sarda ha, inoltre, affermato di “aver visto delle armi, specie nella prima fase del sequestro” ma non le sono mai state puntate contro: “Sono stata trattata bene”, ha ribadito. Durante la prigionia per alcuni periodi è stata in compagnia degli altri colleghi spagnoli, liberati con lei mercoledì. Quindi in colloquio con il presidente Napolitano: “E’ stato un piacere conoscere una persona così fantastica. E’ stato vicino alla mia famiglia”. Poi l’incontro con il capo dell’unità di crisi Claudio Taffuri e il segretario generale della Farnesina Michele Valensise, prima di partire per la Sardegna. A Cagliari è atterrata alle 18,35 per comparire dinanzi a una folla di oltre 200 persone poco prima delle 19.00. Poi in macchina a Samugheo dove arriva poco dopo le 21,00. Campane a festa, palloncini. Rossella scandisce le parole dal microfono allestito sul balcone del municipio. L’emozione è evidente. Si mette la mano sulla bocca per esprimere a gesti il suo stupore per tanto affetto: “Non so bene da dove cominciare, sono emozionatissima non mi aspettavo tanta gente qui, non mi aspettavo tanta gente a Cagliari e neanche a Roma”. “Durante tutti questi mesi non sapevo di essere così seguita in Italia e per questo vi ringrazio, soprattutto a nome dei miei genitori, che non sono stati mai lasciati soli”. La cooperante, che già ha confermato di voler tornare in Africa, ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché “i popoli oppressi che vivono quotidianamente nella sofferenza non vengano ricordati solo in occasione dei sequestri o delle successive liberazioni, bisogna intervenire prima che la violenza diventi l’unica scelta”. E il pensiero va al siciliano Giovanni Loporto, rapito in Pakistan lo scorso gennaio e unico italiano in mano ai sequestratori.