Genova. 300 millimetri di pioggia in 12 ore. Un terzo della pioggia che mediamente cade sulla città in un anno. Un’onda di fango e detriti che ha letteralmente devastato la città provocando la morte di sei persone di cui due bambine. Vittime di un maltempo che da qualche anno ormai investe l’Italia con una violenza straordinaria.

Lo stesso maltempo che a Napoli come a Genova, a fronte della morte di un uomo rimasto schiacciato nella propria auto dalla caduta di un albero, se da un lato continua grottescamente a far parlare di se per le polemiche sull’annullamento dell’incontro di calcio tra Napoli e Juventus che si sarebbe dovuto disputare nella serata di domenica 4 novembre, dall’altro, in maniera decisamente più seria, ripresenta l’annoso problema del rischio idrogeologico e del grado di preparazione di una regione tanto complessa da questo punto di vista come la Campania a fronteggiare eventi climatici tanto violenti.

Abbiamo cercato di analizzare il problema in compagnia del professore Giuseppe Di Martino, Commissario Straordinario Delegato per la mitigazione del rischio idrogeologico in Campania

Professore ad oggi qual è il quadro complessivo in termini di rischio idrogeologico in Campania? Il territorio regionale presenta nel complesso un rischio elevato o meno?

È opportuno premettere che da un’indagine condotta da Legambiente e Dipartimento di Protezione Civile (Dossier Dicembre 2009) è emerso che il territorio nazionale è interessato mediamente per il 70% da un concreto rischio idrogeologico inteso in termini di frane, di alluvioni o dalla presenza di entrambi i fenomeni. La Campania contribuisce a questo valore con un cospicuo 86% che corrisponde a 474 comuni soggetti a un rischio che diventa elevato nel 16% dei casi.

Nell’ambito di queste percentuali, quali sono le maggiori criticità riscontrabili in un territorio come quello campano, abbastanza eterogeneo vista la presenza di zone montane, collinari e costiere?

Il territorio campano risulta costituito per circa il 35% da rilievi montuosi, per il 50% da zone di collina e per il restante 15% da aree pianeggianti. Eventi catastrofici sempre più frequenti, oltre a dipendere dalle specifiche caratteristiche geologiche del territorio e dall’azione di agenti esogeni, sono conseguenza di irrispettose attività antropiche cresciuta notevolmente negli ultimi due secoli al punto da favorire l’alterazione degli equilibri naturali, alla mancanza di adeguate opere di salvaguardia e di controlli tecnici ove queste esistono, ad una manutenzione spesso trascurata. Nell’ultimo secolo ben 1100 tra eventi franosi ed alluvionali sono stati registrati e tali catastrofi sono state spesso affrontate e gestite senza un disegno di pianificazione ma con interventi quasi sempre improvvisati.

Le maggiori criticità: quelle sparse in tutto il territorio regionale per le quali sono previsti gli interventi elencati nell’allegato all’Accordo di Programma tra il Ministero dell’Ambiente e la Regione Campania (ben 97 a cui sarebbero da aggiungere altri) che dovrebbero essere attuati per la mitigazione del rischio idrogeologico.

A suo parere sono sufficienti gli strumenti di cui oggi la Regione è dotata per poter fronteggiare il verificarsi di eventi come quelli che hanno colpito di recente Liguria e Toscana?

Fortunatamente, la maggiore e crescente sensibilità della classe politica ai problemi ambientali, la ricerca scientifica, le indagini sullo stato del sottosuolo, la formazione auspicata di figure professionali qualificate (anche attraverso dottorati di ricerca) nonché le azioni delle Autorità di Bacino intese a programmare azioni, uso del suolo ed interventi preventivi, hanno aperto la strada ad un futuro migliore e meno rischioso da questo punto di vista. Ovviamente alla fase pianificazione deve immediatamente seguire la fase di attuazione.

Il risultato è comunque è che ad oggi oltre il 40% dei comuni campani si è di un piano di emergenza.

In ambito operativo, come giudica l’efficacia di questi piani di emergenza?

I piani di intervento, predisposti dalla Protezione Civile, risultano funzionali al contenimento dei danni sia nel caso di eventi alluvionali che franosi. È il caso del piano di allerta messo in campo in occasione del tragico nubifragio del 6 novembre che ha scongiurato danni maggiori nel territorio della Regione Campania.

Alla luce delle recenti notizie riguardanti il taglio notevole operato ai fondi messi a disposizione per il Ministero dell’Ambiente, come giudica l’atteggiamento del Governo?

Occorre prevenire e non intervenire solo a seguito di calamità molto spesso annunciate. La difesa del territorio dovrebbe essere prioritaria per ogni Governo.

Vincenzo Viglione

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