Il Tar di Salerno annullò l’interdittiva antimafia emessa dall’allora prefetto di Avellino Ennio Blasco nei confronti di un’azienda dei fratelli Buglione grazie a “una nota dei carabinieri di Castello di Cisterna attestante falsamente l’estraneità dei Buglione rispetto alla criminalità organizzata”. Lo scrive il gip di Avellino Giovan Francesco Fiore nell’ordinanza cautelare notificata ieri allo stesso Blasco, ai fratelli Carmine e Carlo Buglione e al cognato di quest’ultimo, Erasmo Caliendo. Nei confronti dei quattro e di Antonio Buglione, fratello di Carmine e Carlo, i pm Roberto Patscot ed Elia Taddeo ipotizzano il reato di corruzione. In cambio di regali Blasco avrebbe ritardato per due anni l’adozione dell’interdittiva antimafia nei confronti delle società dei Buglione, attive nel settore della vigilanza privata. L’interdittiva venne infine firmata ma solo, secondo l’accusa, perché nel frattempo il prefetto aveva saputo che era stata avviata un’inchiesta giudiziaria. Il provvedimento venne comunque annullato di lì a poco da una sentenza del Tar, confermata successivamente dal Consiglio di Stato. Ma l’annullamento secondo il gip “è stato determinato dall’illecita produzione nel giudizio amministrativo di una nota dei carabinieri che, secondo le indagini della Procura di Nola, attesta falsamente, contrariamente a numerose informative di polizia inoltrate nel corso degli anni ai prefetti interessati, l’estraneità dei fratelli Buglione rispetto alla criminalità organizzata locale e l’assenza di collegamenti con la camorra”. Nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Nola sul falso documento è indagato un sottufficiale.