“Santonastaso è un camorrista con la toga, la cui attività, iniziata negli anni ’90, ha avuto un’escalation culminata con la lettura nell’aula del processo d’Appello Spartacus, il 13 marzo del 2008, dell’istanza per legittimo impedimento in cui vengono messi nel mirino due giornalisti e due magistrati, l’estremo tentativo dei Casalesi di ricompattarsi come aveva fatto Cosa Nostra dopo l’omicidio di Salvo Lima”. Sono parole durissime quelle usate dal sostituto della DDA di Napoli Sandro D’Alessio contro l’ex avvocato del boss Francesco Bidognetti (condannato ad un anno per l’istanza in cui accusò Saviano e Capacchione, ndr), nella requisitoria del procedimento di prevenzione tenutosi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), al termine del quale il magistrato ha chiesto la confisca dei beni già sequestrati qualche anno fa a Santonastaso e ad altri “colletti bianchi” dei Casalesi, come gli imprenditori Pasquale Pirolo, Giuseppe Nocera e Filippo Capaldo, nipote del boss Michele Zagaria. Tra i beni per un valore di svariati milioni di euro, vi sono numerose società create da Pirolo e impegnate nell’attività di bonifica ambientale, un villaggio turistico a Rodi Garganico i cui terreni furono ceduti da Alvaro Giardili, storico esponente della Banda della Magliana, il cui biglietto da visita fu ritrovato sui cadavere di Roberto Calvi e Gianluca Casillo; c’è una lussuosa villa a Caserta Vecchia, per cui Santonastaso è finito sotto processo per un presunto abuso edilizio insieme ad un funzionario del Comune di Caserta. – Il sostituto procuratore della Repubblica di Napoli D’Alessio parla di “pagina nera dell’avvocatura sammaritana” in riferimento a Santonastaso, citando i suoi tentativi di “screditare, su input di Bidognetti, il pentito Dario De Simone, le cui dichiarazioni sono state fondamentali in Spartacus a differenza di quelle di Carmine Schiavone”, il suo utilizzo strumentale degli organi di stampa locale e i numerosi colloqui intercettati in carcere tra il legale e il boss Bidognetti, tra cui quello che per il pm costituisce “la pistola fumante”. Nell’ottobre 2006, quando Luigi Guida inizia a collaborare, Santonastaso, che è suo difensore, lo riferisce immediatamente a Cicciotto. “Dove sta questo Guida? A Cuneo?” chiede il boss. “Michè – prosegue – gli devi dire che quando ha qualche problema me lo deve dire a me direttamente”. Due anni dopo, ad inizio 2008, quando viene arrestato Raffaele Bidognetti, figlio del boss, Santonastaso si reca in carcere Cicciotto. “Raffaele ha fatto delle dichiarazioni confermando il mio ruolo di messaggero del clan”. “Devi dirgli che deve starsi zitto” ordina il capoclan. Il figlio, in effetti, non inizierà mai a collaborare anche a causa di una notizia apparsa su un organo di stampa in cui si parlava di una collaborazione che in effetti non era ancora iniziata. “Questo non è legittimo esercizio del diritto di difesa” conclude D’Alessio, “ma la deontologia Santonastaso l’ha abbandonata”.