Non si è avvalso della facoltà di non rispondere e si è difeso spiegando la sua posizione. Il presunto capo jihadista Mohammed Kamel Khemiri, fermato per associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina e al falso documentale, ha risposto alle domande del gip Gabriella Maria Casella che, la settimana scorsa, ha ordinato il suo arresto e quello di altri quattro magrebini accusati dello stesso reato. Sia Khemiri che gli altri indagati, Mohammed Charraki, Alì Shek, Mohammed Kamrul e Abdelhadi El Kharti (difesi dagli avvocati Vincenzo Tessitore, Generoso Grasso, Edda De Iaso ed Eugenio Goglia) hanno reso parziali ammissioni in relazione al traffico di documenti falsi, contratti di lavoro e stipule di matrimoni fittizi, finalizzati all’ottenimento di permessi di soggiorno per stranieri. Un traffico che serviva sia immigrati già presenti sul territorio italiano che magrebini pronti a lasciare il Nord Africa alla volta del nostro Paese. Agli interrogatori di garanzia che si stanno tenente in carcere, a San Tammaro, è presente il procuratore aggiunto di Santa Maria Capua Vetere, Antonio D’Amato. Al centro dell’inchiesta che vede coinvolte anche due persone scappate in Francia, una vera e propria centrale del falso scoperta dai Ros di Napoli – diretti dal tenente colonnello Gianluca Piasentin – che si trovava al piano superiore della moschea di San Marcellino dove, nel corso del blitz, sono stati sequestrati diversi quadernoni con annotazioni in arabo e documenti digitali. Il contenuto non è ancora stato chiarito: si attende la traduzione dei testi. Khemiri è contestualmente indagato dalla Dda di Napoli per attività terroristica: per due volte, però, la richiesta di arresto avanzata dal sostituto procuratore Luigi Alberto Cannavale è stata respinta dal gip.

 

 

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