Antonio Zarrillo era al matrimonio della figlia, a Castel Volturno (Caserta), quando gli agenti lo hanno raggiunto per arrestarlo pochi minuti dopo la condanna a 30 anni di reclusione inflittagli per un omicidio. L’uomo era imputato nel processo che oggi si è concluso dinanzi alla Corte d’Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per l’omicidio di Francesco Sagliano, il giovane ucciso ad appena 20 anni a Marcianise il 3 ottobre del 2003 per volere del clan camorristico Belforte. Un altro imputato, Michelangelo Amato, anche lui condannato a 30 anni di reclusione, è stato arrestato in aula dopo la lettura della sentenza che, in sostanza, ha accolto molte delle tesi del pm della DDA di Napoli Luigi Landolfi: in particolare gli imputati Camillo Bellopede e Vincenzo De Simone sono stati condannati all’ergastolo; 30 anni invece sono stati comminati a Michelangelo Amato e Antonio Zarrillo, attualmente dipendente dell’azienda Ecocar che gestisce il servizio di raccolta di rifiuti a Caserta; 15 anni e 11 mesi ai collaboratori di giustizia Domenico Cuccaro e Antonio Gerardi, esecutori materiali del delitto, ricompensati dopo l’omicidio con tremila euro e un rolex ciascuno; le loro dichiarazioni però sono state fondamentali per ricostruire dinamica del fatto e ruolo dei vari partecipanti. Sagliano, è emerso nel corso del giudizio, fu ucciso perché aveva osato chiedere il pizzo per conto del clan Piccolo, cosca rivale dei Belforte.