TRENTOLA DUCENTA – “Nella patria di coloro che si fingono ciechi o paralizzati, io da ventitré anni aspetto di vedermi riconosciuto un diritto che mi spetta, non essendo davvero in grado di lavorare”. Nicola Abate vive a Trentola Ducenta (Caserta), ha appena 37 anni, sposato con due figli minori, ma ha già trascorso oltre metà della sua vita tra ospedali e commissioni mediche dopo un gravissimo incidente stradale avuto il 30 luglio del 1989, quando aveva quasi 15 anni, che l’ha reso oggettivamente invalido, lasciandogli una cecità all’occhio destro, vistose lesioni e un’evidente zoppia alla gamba sinistra e gravi problemi di udito.

Incapace di lavorare, dunque. Ma non per l’Asl o per l’Inps che non gli hanno mai riconosciuto la soglia di invalidità prevista dalla legge per aver un’ indennità, “prendendosi spesso quasi gioco di me con valutazioni contraddittorie al limite del paradosso”. Ieri la scoperta dell’ennesima truffa, da quasi 250mila euro, da parte della Guardia di Finanza di Caserta, che ha individuato quattro falsi ciechi i quali, da anni, percepivano illegittimamente l’indennità di accompagnamento.

“Come è stato possibile – si chiede Nicola – che le commissioni mediche dell’Asl e dell’Inps abbiano riconosciuto loro l’invalidità?” In quasi ventitré anni, dal giorno in cui un’ auto gli tranciò la gamba sinistra avviandolo ad un calvario clinico fatto di 14 operazioni (in tre anni, ndr), tra cui quattro trapianti di pelle, carne e ossa e almeno un anno di ricovero al Cardarelli di Napoli, Nicola ha presentato quattro istanze, tutte bocciate, al distretto Asl di Aversa, attivando poi due giudizi civili e inviando un esposto, archiviato, alla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, più decine di lettere a vari soggetti istituzionali, tra cui il Capo dello Stato. Nel 1992 la commissione Asl (si riuniva a Lusciano, ndr) gli riconosce un punteggio pari al 65% mentre per legge il minimo è 74%, dopo qualche anno conferma il 65% ma intanto la zoppia ha causato problemi alla schiena mentre i medicinali presi hanno provocato una perdita delle frequenze basse all’udito con difficoltà nel sentire e vertigini. Nicola, che intanto non ha potuto frequentare il geometra, si iscrive così nella sezione Massima Occupazione del collocamento di Caserta ma nessuno lo contatta, stesso risultato con quello di Roma. “Nessun datore di lavoro – spiega Nicola – mi ha voluto assumere perché non ero in grado di assicurare ogni giorno la mia presenza. Mi dicevano che servivano ‘conoscenze’ presso enti o aziende”. Nel 2005, nonostante un otorino in servizio presso la stessa Asl di Lusciano gli abbia diagnosticato l’asma cronico, la commissione riduce la soglia di invalidità portandola dal 65% al 47%; nel 2008 l’Inps, che ha acquisito per legge l’ultima parola, gli assegna il 60%.

“La più grande presa in giro – ricorda Nicola – la subii dopo il primo giudizio civile attivato contro l’Asl nel 1998, perso per una perizia del consulente del tribunale, il medico Federico Panarella, che mi assegnava il 65%. Era il 2001, mi rivolsi privatamente ad un medico della stessa Asl di Aversa, Mariano Buniello (in quel momento responsabile del Distretto n. 36 con sede a Lusciano dell’Asl Caserta2, ndr), il quale mi riscontrò un’invalidità dell’80%”. Buniello, al termine della sua consulenza, non solo formula esplicite critiche alla perizia del dottor Panarella, ma conclude che “l’incidenza dell’infermità sulla capacità lavorativa del soggetto si spiega da sola”, e “che è utile nell’interesse della giustizia e del ricorrente rinnovare la ctu”. Ancora oggi Nicola, impegnato in un secondo giudizio civile con Asl e Inps, non ha perso la speranza. “L’ ingiustizia che ho subito dalle istituzioni è troppo grande per non essere riparata. Nonostante tutto – conclude – credo ancora nello Stato”.

 

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