In quel terribile 28 febbraio del 2013 si scatenò l’inferno della camorra. Nel cuore della notte le fiamme del clan mandarono in fumo in poche ore il lavoro e i sacrifici di anni. Sui muri, a terra, dappertutto i segni della devastazione. In quella drammatica notte Antonio Rao, 44 anni, di Cesa, vide la sua azienda per il commercio all’ingrosso di materiali edili inghiottita dal fuoco della criminalità organizzata. Un danno da 2 milioni e 700mila euro. Il rogo distrusse uno dei depositi della “Arkyceram” con sede a Sant’Arpino sulla Provinciale Aversa-Caivano. In frantumi i sogni e le speranze di Rao e dei suoi 13 dipendenti. Da allora, dopo aver subito minacce di morte e denunciato gli estorsori, il commerciante sta ancora aspettando il risarcimento dei danni da parte dello Stato previsto per chi si oppone al racket, per chi dice no alla camorra. Ma lo Stato è lento. Troppo. E tra pochi giorni la “Arkyceram” sarà costretta a chiudere i battenti. Il prossimo 30 luglio scadono i 300 giorni di sospensione dei termini per il pagamento dei creditori. Poi il fallimento. Durante questo lungo arco temporale la “pratica” di Rao si è incagliata nella rete della burocrazia. La lentezza di qualche funzionario prefettizio, appisolato su troppi anni di servizio, ha bloccato l’iter per lo stanziamento dell’indennizzo. E peggio ancora, per errore o per superficialità la quantificazione delle perdite, come racconta Rao ai microfoni di Campania Notizie, è lontanissima (ridicola) rispetto al danno subito. E ora davanti a lui si spalancano le porte del fallimento. Che è anche quello dello Stato.

Mario De Michele

LA VIDEO-INTERVISTA AD ANTONIO RAO

http://www.youtube.com/watch?v=2vd0ZEGqBTc&list=UUe5I_qzWUI9yvCrygWtECRA

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