I carabinieri di Macerata Campania hanno eseguito un decreto di fermo emesso dal pm della Dda di Napoli nei confronti di due persone ritenute responsabili di 6 estorsioni, tra consumate e tentate, tutte aggravate dal metodo mafioso. Le indagini, condotte dai militari dell’Arma tra luglio e dicembre 2015, sono scattate a seguito della denuncia sporta da un imprenditore edile impegnato in un cantiere per la realizzazione di alcuni campi di calcetto nella frazione Caturano del comune di Macerata Campania. L’attività investigativa si inserisce nel più ampio ambito di accertamenti condotti, sotto la direzione della Dda di Napoli, aventi ad oggetto le attività illecite della famiglia camorristica Petruolo, riconducibile al clan Belforte di Marcianise.Destinatari del provvedimento di fermo sono la moglie e il figlio di Filippo Petruolo, considerato referente del clan Belforte per il comune di Macerata Campania e nei comuni limitrofi, attualmente detenuto in quanto condannato all’ergastolo per reati associativi. C’è anche un consigliere comunale di Macerata Campania tra le vittime delle estorsioni messe in atto dal gruppo camorristico Petruolo, referente sul territorio del clan Belforte. È quanto svelato dalle indagini condotte dai Carabinieri e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, culminate nell’esecuzione questa mattina di un decreto di fermo nei confronti della moglie e del figlio di Filippo Petruolo, considerato referente del clan Belforte nel comune di Macerata Campania e nei comuni limitrofi, in carcere in quanto condannato all’ergastolo. Le estorsioni, è risultato dall’indagine, erano poste in essere in corrispondenza delle scadenze «tipiche» delle tre festività, Natale, Pasqua e Ferragosto, nei confronti di diversi imprenditori operanti nel settore dell’edilizia e della rivendita di materiale edile, nonché di titolari di concessionarie e di negozi di elettrodomestici; tra questi figura anche il consigliere comunale di Macerata Campania. Le vittime, parlando agli investigatori, hanno confermato non solo di essere state destinatarie di richieste estorsive, secondo il consolidato modus operandi che vedeva l’avvicinamento presso il cantiere con la tradizionale richiesta di denaro, ma anche di essere state oggetto di vere e proprie aggressioni fisiche.