Ha chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato Domenico Belmonte, l’ex direttore sanitario nel carcere di Poggioreale accusato di aver ucciso la moglie e la figlia, Elisabetta e Maria Belmonte, i cui corpi furono ritrovati il 13 novembre del 2012 dalla Polizia di Stato in un’intercapedine della villetta di Baia Verde a Castel Volturno, sul litorale domizio (in provincia di Caserta) dove l’uomo risiedeva. Belmonte è imputato davanti al Gup del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere Emilio Minio insieme all’ex genero Salvatore Di Maiolo, ex marito della figlia Maria, che non ha chiesto di essere giudicato con il rito alternativo. Il magistrato ha rinviato al 15 marzo 2017. Il collegio difensivo (Carlo De Stavola, Rocco Trombetti ed Elisabetta Carfora) aveva chiesto di calendarizzare un’udienza per la decisione anche prima di Natale. “Belmonte è provato da quattro anni di indagini; vuole liberarsi da questo peso”, dice il legale Carlo De Stavola. Il caso scoppiò quattro anni fa quando furono ritrovati nella villa in cui il medico viveva i resti delle due donne, di cui si erano perse le tracce nel luglio del 2004. Belmonte non ne aveva mai denunciato la scomparsa in quanto riteneva che si fossero allontanate volontariamente: fu questa la sua versione quando finì in carcere. L’uomo negò ogni addebito dicendo di non sapere di chi fossero quelle ossa e perché si trovassero nascoste in un’intercapedine della sua abitazione. Ma per i pm fu lui ad ucciderle. Belmonte fu scarcerato dopo 23 giorni di carcerazione preventiva su decisione del Tribunale del Riesame di Napoli, che parlò “di assoluta incertezza” sulle cause del decesso. del doppio suicidio fu avanzata anche dopo la consulenza di Francesco Introna, anatomopatologo barese, (nominato dalla Procura) che nella relazione presentata nell’aprile 2013 non trovò alcun segno di violenza sulle ossa né eventuale tracce di strangolamento o soffocamento, ma rinvenne nei resti ossei delle due donne tracce di un ansiolitico usato contro i disturbi del sonno, che se assunto in dosi massicce può portare al coma e alla morte. Il pm Silvio Marco Guarriello commissionò anche un’altra consulenza a tre professionisti che, analizzando gli scritti di Elisabetta e Maria Belmonte, trassero la conclusione che le due donne volevano vivere e non suicidarsi. Il Gip Raffaele Caparco però rigettò la richiesta di misura cautelare avanzata sulla base della nuova consulenza.

 

 

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