Non sussistono i gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di corruzione contestato all’ex deputato Nicola Cosentino nell’ambito del procedimento noto come “Il Principe e la scheda ballerina” attualmente in fase dibattimentale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ieri sera ha rigettato il ricorso presentato dai magistrati della DDA di Napoli.

Cosentino era accusato di aver corrotto l’ex funzionario capo dell’ufficio tecnico del Comune di Casal di Principe Mario Cacciapuoti al fine di ottenere la variante al piano regolatore (poi rilasciata, ndr) che doveva permettere la realizzazione a Casal di Principe, su input del clan dei Casalesi, del centro commerciale “Il Principe”, peraltro mai edificato. Ma per i giudici della Suprema Corte la contestazione non è supportata da gravi indizi, a differenza di quanto sostenuto nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nel 2011 dal Gip di Napoli Egle Pilla. Già nel novembre del 2012, in sede di udienza preliminare, il gup di Napoli Eduardo De Gregorio aveva prosciolto Cosentino da altre due imputazioni contenute nel provvedimento, quella di falso e violazione della legge bancaria. Nel dibattimento attualmente in corso Cosentino risponde del reato di tentativo di reimpiego di capitali illeciti con l’aggravante camorristica, unica contestazione mai messa in discussione, accanto a quella di corruzione che però, alla luce della decisione della Cassazione, sembra di fatto decaduto sebbene dovrà essere il collegio giudicante a pronunciarsi nella sentenza. Il 12 giugno scorso, l’architetto Mario Cacciapuoti nel corso della sua deposizione al processo, negò ogni tentativo di corruzione da parte di Cosentino affermando di aver provato a contattare l’ex deputato per una raccomandazione ma di non averlo mai incontrato.

 

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