Due ergastoli e una condanna a 13 anni di reclusione. Questa la richiesta formulata dal pm Cesare Sirignano nella requisitoria del processo a carico del capo dell’ala stragista del clan dei Casalesi Giuseppe Setola, del suo fedelissimo Giovanni Letizia e del pentito Giuseppe Guerra, per il duplice omicidio di Antonio Ciardullo e del suo dipendente Ernesto Fabozzi.
Ciardullo, autotrasportatore, venne ucciso perche’ nel 1998 aveva denunciato alla polizia il camorrista Giuseppe Guerra, capozona di San Marcellino, e i suoi affiliati che gli avevano chiesto il ‘pizzo’; Fabozzi si trovava solo al momento sbagliato e nel luogo sbagliato. Il duplice omicidio venne commesso il 12 settembre del 2008 a Trentola Ducenta, al confine con il territorio di San Marcellino. Ciardullo e il suo operaio stavano facendo manutenzione sugli automezzi su cui, ogni giorno, viaggiavano per consegnare frutta e verdura quando giunsero in officina Setola e Letizia in sella a una moto ed esplosero decine di colpi di arma da fuoco senza dar loro neppure il tempo di fuggire. Fabozzi venne finito mentre stava lavorando al motore del tir, disteso a terra. “Erano persone normali, come noi – racconta Sirignano in udienza – che lavoravano e rappresentavano la societa’ civile che si ribella al pizzo”. In aula, anche la moglie e i due figli di Ciardullo che hanno chiesto il risarcimento dei danni subiti attraverso l’avvocato della parte civile, Giovanni Zara. Il pentito Oreste Spagnuolo, sentito come testimone nel corso del processo, ha raccontato che solo la sera del 12 settembre di cinque anni fa capi’ che Setola e Letizia avevano commesso degli omicidi: “Quando ascoltarono la notizia al tg regionale della sera Setola disse che si dispiaceva per aver ucciso un marocchino che non c’entrava nulla con la vendetta che il clan nutriva nei confronti di Ciardullo”. Il marocchino, in realta’, era un italiano, Ernesto Fabozzi, marito e padre di due bambini.