Settecento anni di carcere, circa, e’ la condanna complessiva chiesta dal pm della Dda di Napoli, Alessandro Milita, nei confronti di 82 imputati nel processo per associazione mafiosa, estorsione e riciclaggio a carico di familiari e presunti fiancheggiatori del boss del clan dei Casalesi Antonio Iovine detto ‘o ninno, detenuto nel carcere di massima sicurezza di Badu ‘e carros, in Sardegna.
Si tratta del maxi processo che rappresenta il piu’ grande atto di accusa per il clan capeggiato da Iovine (per il boss, gia’ ergastolano del processo Spartacus I, il pm ha chiesto la condanna a 30 anni), gruppo che vanta ramificazioni anche nel Lazio, dove la camorra, stando all’inchiesta della procura di Napoli conclusa nel 2008, aveva investito il denaro per l’apertura di caseifici ad Aprilia, ma anche in imprese che riciclavano denaro nel commercio delle slot machine e videopoker in tutta Italia. Il processo racchiude anche la storia della famiglia Iovine che ‘ripudia’ Rosanna De Novellis, vedova di Carmine Iovine, fratello del boss, decisa a rifarsi una vita. Tra gli imputati, anche la moglie del capoclan Iovine, Enrichetta Avallone, presente nell’aula bunker del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dove si e’ svolta l’udienza. Per lei la procura ha chiesto, al termine della requisitoria durata circa quattro ore, 12 anni di carcere, mentre per la sorella del boss, Anna, e’ stata chiesta la condanna a 8 anni e per il nipote Oreste Iovine 10 anni. Nove anni per il fratello, ex agente della polizia municipale di San Cipriano d’Aversa, Giuseppe Iovine.Il processo abbraccia circa 7 anni di storia criminale in cui il capoclan, da latitante, dettava legge sul suo territorio e regalava beni, come autovetture e feste di compleanno in locali alla moda di Aversa, ai nipoti. Come la Renault Megane regalata al nipote Oreste, subito sequestrata dall’Antimafia. Tra gli imputati, c’e’ anche Antonio Orefice, cancelliere della procura generale della corte di Appello di Napoli, accusato di aver abusato della sua funzione accordandosi con Benito e Bruno Lanza e Raffaele Garofalo (tutti e tre imputati nel maxi processo), accettando la promessa di soldi e del voto elettorale dei Lanza per le elezioni provinciali del 3 e 4 aprile 2005. All’impegno dei Lanza, stando alla procura Antimafia, pero’, doveva corrispondere l’intervento del cancelliere nei confronti del custode del fascicolo riguardante una condanna definitiva per una rapina a Pastorano commessa da Bruno Lanza, gia’ noto alle forze dell’ordine, al fine di ritirare l’emissione dell’ordine di esecuzione della sentenza della Corte di appello. Condanne sono state chieste anche il ‘re’ del commercio delle slot machine, Renato Grasso, destinatario di una richiesta di pena di 10 anni. Per il boss Michele Zagaria, il pm ha chiesto la condanna a 20 anni. Le discussioni degli avvocati sono previste dal 2 maggio fino al 10 maggio, data in cui potrebbe essere emessa la sentenza dai giudici del collegio C della prima sezione penale, presidente Gianpaolo Guglielmo.