CASTEL VOLTURNO – Nella mattinata di lunedì 31 ottobre, a seguito di una complessa indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Santa Maria C. V., la Squadra Mobile di Caserta ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, in relazione ai reati di induzione e sfruttamento della prostituzione, estorsione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nei confronti della cittadina nigeriana Otiti Arese residente a Castel Volturno (CE).
Le indagini scaturivano dalla denuncia di una giovane connazionale, la quale raccontava che, nel 2008, convinta a partire per l’Italia con la prospettiva di un lavoro onesto da una concittadina, giunta dopo un lungo viaggio in Libia ed imbarcatasi per l’Italia, raggiungeva Lampedusa, da dove veniva trasferita al centro di accoglienza di Crotone, dove, dopo alcuni giorni, era stato contattato da un emissario della ARASE che, per 200 euro, l’aveva poi accompagnata a Castel Volturno, dove l’aveva conosciuta. La donna, dopo una iniziale e cordiale accoglienza nella sua abitazione, sottoponeva la giovane ad un rito magico (voodo) con la quale, secondo le credenze tribali del loro paese di origine, la vincolava a tutti i suoi voleri. Da quel momento, “la madame”, con l’aiuto di altri due giovani, aveva costretto la vittima a prostituirsi affinchè potesse pagare la somma di 35.000 euro pretese come risarcimento per le spese sostenute per farla giungere in Italia e consentirle di riscattare la sua libertà. Dopo circa un anno, la giovane vittima era rimasta incinta e, grazie all’aiuto del fidanzato italiano, approfittando di un viaggio in Nigeria della ARASE, era fuggita. La madame, al suo rientro, aveva più volte contattato la giovane, che si era trattenuta nell’area domitia, minacciandola continuamente al fine di indurla a ritornare sotto la sua protezione, fino a quando non era scappata a Mantova, insieme al figlioletto nato nel frattempo, dove aveva continuato a subire le minacce telefoniche della sua sfruttatrice. Le scrupolose indagine della Squadra Mobile, a seguito delle dichiarazioni della vittima, permettevano di individuare l’abitazione dove ella era stata ospitata dall’ARASE e, quindi, l’identificazione di quest’ultima. La dovizia degli indizi raccolti e le conseguenti informative trasmesse alla Procura di Santa Maria C. V. (CE) permettevano di inoltrare al GIP del Tribunale sammaritano una richiesta di misura cautelare in carcere che veniva integralmente accolta.