Attraverso un cancelliere di Cassazione, finito ai domiciliari, i clan stavano per portare a termine operazioni finanziarie illegali in Costa d’Avorio, attività interrotte grazie al blitz dei Carabinieri del nucleo investigativo di Caserta che oggi, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, hanno eseguito 35 arresti.


I militari dell’Arma, controllando i due boss detenuti, sono riusciti a fare luce sulle attività illecite e sulla rete di fiancheggiatori che fuori dalle mura carcerarie eseguivano gli ordini. Cinque delle 35 persone destinatarie dei provvedimenti sono finite agli arresti domiciliari mentre dieci erano già detenute. Le accuse, aggravate dal metodo mafioso, sono di associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, traffico di droga, usura e riciclaggio internazionale. Le armi venivano vendute anche ai gruppi criminali attivi nel Casertano, tra Mondragone e i comuni di Carinola, Falciano del Massico e Francolise.

Il cancelliere finito ai domiciliari stamattina nell’ambito del blitz dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta che hanno eseguito 35 provvedimenti emessi su richiesta della DDA di Napoli, è anche indagato con l’accusa di avere rivelato ad affiliati al clan notizie sulle sentenze della Cassazione. Secondo l’accusa, i boss, ricevuta la notizia del deposito di una sentenza di condanna della Cassazione, che è definitiva, conoscendone i contenuti in anticipo avevano la possibilità di preparasi alla fuga per sottrarsi all’inevitabile arresto. Le indagini, condotte dagli investigatori guidati dal maggiore Pannone, sono state coordinate dal pm antimafia di Napoli Catello Maresca, Maurizio Giordano, Giovanni Conzo e Cesare Sirignano.

Precisazione:

Il cancelliere finito ai domiciliari su provvedimento della DDA di Napoli, indagato con l’accusa di avere rivelato ad affiliati al clan notizie sulle sentenze della Cassazione, “non appartiene più al personale della Corte di Cassazione”. Lo precisa la Suprema Corte che, in una nota, rileva come Cesare Salomone, arrestato nell’ambito di un’indagine a carico del clan La Torre-Boccolato “ha lavorato in passato per la Procura Generale ed è attualmente in pensione da qualche mese”.

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