Diversi esponenti del clan dei casalesi, tra i quali il killer Giuseppe Setola e Nicola Schiavone, figlio del boss Francesco, noto come Sandokan, avevano progettato attentati contro esponenti delle istituzioni, in particolare magistrati della Dda e appartenenti alle forze dell’ordine. Emerge dalle recenti dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Venosa, contenute nell’ordine di fermo notificato questa mattina a sei persone. Venosa conferma innanzitutto che Setola, già condannato a diversi ergastoli, prima di venire arrestato aveva in mente di sparare a magistrati (circostanza già riferita da altri collaboratori di giustizia) e addirittura ai boss Antonio Iovine e Michele Zagaria, all’ epoca a loro volta latitanti.

“Durante gli ultimi cinque anni di libertà – ha detto Venosa nell’ interrogatorio dell’ 11 giugno scorso – ho più volte sentito nel clan, circolare voci di attentati a magistrati della Dda di Napoli, ad appartenenti alle forze dell’ordine ed a parenti di collaboratori di giustizia. In particolare, sin dal periodo delle stragi di Setola Giuseppe, ho avuto modo di ascoltare proprio dalla viva voce del Setola strategie di aggressione non solo agli altri capi clan casalesi, quali Michele Zagaria ed Antonio Iovine allora latitanti, ma anche di magistrati e di appartenenti alla polizia giudiziaria. In una circostanza, avvenuta nell’anno 2008, credo nel periodo estivo, Setola e Cirillo Alessandro… vennero a casa mia a San Cipriano di Aversa, per lamentarsi del comportamento irriguardoso di mio fratello Giovanni… In quella circostanza, oltre a lamentarsi di mio fratello, Setola mi chiese se avevo interesse ad aggregarmi al loro gruppo, ed alle mie resistenze mi prospettò una conquista totale del clan casalese da raggiungere anche attraverso l’eliminazione fisica di Michele Zagaria e di Antonio Iovine”. Alla domanda se conoscesse i nomi dei magistrati o degli esponenti delle forze dell’ordine che Setola voleva eliminare, Venosa ha risposto di ricordare solo quello del colonnello Carmelo Burgio, ex comandante provinciale dei carabinieri di Caserta, “nei confronti del quale Setola nutriva un forte rancore e risentimento”.

 

C Nel verbale, nel quale molti nomi sono omessi per non compromettere indagini ancora in corso, Venosa ha fornito particolari preoccupanti: “Ricordo in particolare che Setola nel prospettare la sua definitiva condanna giudiziaria, ribadiva con forza di voler aggredire lo Stato, con attentati a tutti coloro che lo rappresentavano, sia magistrati, pubblici ministeri della Dda, che forze dell’ ordine. Nel parlarne mi riferì che se li avesse incontrati per strada, li avrebbe sparati. Per quanto concerne l’eventuale reazione da parte del clan di fronte ai numerosi arresti e sequestri – ha spiegato ancora il collaboratore – posso riferire che fino all’arresto di Iovine ed anche forse di Zagaria Michele non vi erano voci tra gli affiliati di organizzare attentati. Dopo l’arresto di entrambi latitanti citati, invece, nel corso di alcune riunioni avvenute a casa del padre di Reccia Oreste, oppure in campagna dal fratello ed anche a casa mia, (omissis) e Reccia Oreste, in mia presenza, hanno discusso sulla possibilità di organizzare degli attentati contro i magistrati della Dda napoletana, fonte dei loro problemi. Almeno in mia presenza non si è fatto il nome di un magistrato preciso, ed anzi si è anche levata la voce di qualche dissidente che invitava gli altri a valutare le conseguenze ancor più devastanti per il nostro clan in caso di attentati ad uomini delle Istituzioni. Ricordo sicuramente di aver ascoltato (omissis) fare riferimenti a reazioni violente. In ogni caso (omissis) dipendevano da Schiavone Carmine. In altre circostanze conversando con affiliati al gruppo Schiavone… sono venuto a conoscenza della particolare pericolosità di Schiavone Nicola e della sua intenzione di attentare alla vita di qualche magistrato della Dda di Napoli”. La riunione nella quale si discusse di questi attentati, ha spiegato Venosa, risale appena allo scorso maggio. In quella circostanza il collaboratore di giustizia apprese che Nicola Schiavone, figlio di Francesco, era determinato ad organizzare un attentato eclatante:”E’ stato proprio in occasione di questa vicenda che i due soggetti mi hanno evidenziato la particolare pericolosità di Schiavone Nicola che, almeno per quanto da loro affermato, avrebbe voluto reagire con forza, con bombe e con attentati ad uomini delle istituzioni”.

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