Il presunto sostegno elettorale a Nicola Cosentino da parte di esponenti del clan dei Casalesi è stato uno degli argomenti al centro dell’udienza del processo all’ex sottosegretario svoltasi davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. La questione è stata affrontata durante la deposizione in aula come teste di un funzionario della Dia, che ha ricordato il sequestro di alcuni manifesti elettorali di Cosentino trovati in possesso di persone legale al clan.
Una ipotesi, quella dell’appoggio politico dei Casalesi, respinta dal legale della difesa, Stefano Montone, il quale ha sottolineato come in nessuna telefonata intercettata si faccia riferimento al sostegno elettorale. Ma nel corso del dibattimento si è discusso anche dei rilievi che nel 2004 la Dia di Napoli, che indagava sui Casalesi, mosse nei confronti della direzione del carcere di massima sicurezza di Ascoli Piceno perché accadeva solitamente che i boss della camorra Francesco Bidognetti e Raffaele Stolder, detenuti entrambi al carcere duro (41bis), svolgessero il colloquio mensile con i familiari in stanzette attigue. Circostanza che era nota ad entrambi tanto che Bidognetti, se voleva parlare di Stolder, indicava con la mano ai familiari la stanza vicina. Il particolare è emerso durante la deposizione fatta in aula dal funzionario della Dia Mario Mauro, ascoltato in qualità di teste dell’accusa; si parlava della presunta raccomandazione che Bidognetti avrebbe chiesto a Cosentino, tramite il genero Giovanni Lubello, per avvicinare a Caserta o Napoli Alessio Stolder, rampollo del boss napoletano, tra il 2003 e il 2004 volontario nell’Esercito. Una segnalazione “mai accertata visto che il figlio di Stolder diede le dimissioni” spiega Mauro che in quel periodo curava l’attività di intercettazione dei colloqui in cella tra Cicciotto e i familiari. “Da quello che ricordo erano i familiari a chiedere i colloqui, poi la direzione del carcere dava la disponibilità circa il giorno – prosegue Mauro – in almeno tre colloqui nel 2004 (20 maggio, 17 giugno e 28 ottobre) Bidognetti fece riferimento al figlio di Stolder puntano il dito verso la stanzetta vicina in cui sapeva c’erano Stolder e i parenti. Lo segnalammo subito alla direzione”. Mauro riferisce inoltre, su richiesta del pm della Dda Fabrizio Vanorio, due episodi che secondo l’accusa dimostrerebbero l’appoggio elettorale dato dai Casalesi a Cosentino. “Nel 1995 quando c’erano le Regionali, fermammo Sebastiano Ferraro (imprenditore vicino al clan condannato in Spartacus) e Antonio Coppola, cognato di Walter Schiavone; in auto avevano 2000 manifesti elettorali di Cosentino. Anche l’altro elemento di spicco del clan Dante Apicella fu trovato in possesso di materiale elettorale di Cosentino”. In sede di controesame l’avvocato dell’ex deputato, Stefano Montone, contrattacca. “Nei tanti colloqui o telefonate intercettate è mai uscito il nome di Cosentino?” chiede; “mai” risponde Mauro che ammette che “il nome del politico è stato fatto dai pentiti”.
In relazione poi alle informative allegate agli atti in cui vi sono gli accertamenti molto dettagliati fatti dalla Dia sui fratelli di Cosentino, dal quale peraltro non è emerso nulla, Montone chiede “perché tali accertamenti non li avete fatti anche per altri politici. Inoltre sono stati spesi tanti soldi pubblici, sarebbe bastato andare all’anagrafe”. “Il mio ufficio non ce l’aveva con Cosentino, facevamo il nostro dovere. E i soldi non li abbiamo mai sprecati, io sono stato premiato per la cattura di Sandokan” si difende l’investigatore con tono accorato. Più volte l’ex deputato interviene per correggere il funzionario, come quando questi parla di un “cognato di Cosentino controllato a Casale perché aveva parcheggiato male la Ferrari”; “nessun mio cognato ha la Ferrari” sottolinea Cosentino