Un allievo che, nonostante fosse venuto in possesso dell’algoritmo per risolvere i quiz non è riuscito a superare la prova e cerca di recuperare i soldi che ha ”investito”. Un genitore che si è indebitato per 25mila euro con una finanziaria per consentire al figlio di vincere il concorso. Un giovane che è riuscito a spuntarla e, non avendo la disponibilità della somma pattuita, cerca di prendere tempo raccontando che il padre ha dovuto acquistare un’auto nuova dopo che la vecchia vettura è andata distrutta in un incidente. Sono alcune delle storie che emergono dalle intercettazioni disposte nell’ambito dell’inchiesta della procura di Napoli su presunti concorsi truccati per entrare nell’Esercito e nei vari corpi di polizia (polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizia penitenziaria) che ha portato nei giorni scorsi alla esecuzione di decine di perquisizioni ordinate dal pm Stefania Buda nel corso dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Alfonso D’Avino. Le intercettazioni sono contenute in una informativa del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Napoli depositata oggi agli atti del Tribunale del Riesame. Secondo gli investigatori, sono state truccate numerose prove per arruolare gli appartenenti alle forze dell’ordine – poliziotti, carabinieri e finanzieri – che prima di entrare in servizio, devono trascorrere un periodo nell’Esercito. I promotori del sistema illecito, tra cui un generale dell’Esercito in pensione, gestivano formalmente delle scuole di formazioni per aspiranti militari o poliziotti. In cambio di somme di denaro gli allievi, secondo quanto emerso dalle indagini, ottenevano un algoritmo creato da esperti informatici che consente di rispondere correttamente alle domande dei concorsi. Una delle formule veniva comunicata ai candidati alla vigilia dell’esame attraverso messaggi whatsapp. L’inchiesta è scaturita dalla denuncia di un candidato che si era rifiutato di pagare.

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