Otto anni di reclusione è la richiesta avanzata dai pm di Napoli Henry John Woodcock e Celeste Carrano nei confronti dell’ex parlamentare del Pdl Alfonso Papa al termine della requisitoria. Papa è accusato di concussione per induzione, corruzione e ricettazione. In particolare l’ex parlamentare ed ex magistrato avrebbe chiesto e ottenuto da imprenditori regali e somme di denaro in cambio di informazioni riservate su indagini in corso a loro carico, e in alcuni casi promettendo favori processuali. Il processo, davanti alla I sezione del Tribunale presieduta da Francesco Pellecchia, riprenderà il 18 ottobre prossimo.
Per il pm Woodcock, Alfonso Papa realizzò una sorta di ”azienda criminale”, riuscendo grazie ai suoi stretti rapporti con un maresciallo del Ros e investigatori della Guardia di Finanza, ad ottenere notizie riservate su inchieste in corso e spendendo tali conoscenze per avvicinare imprenditori ed estorcere loro soldi, regali e favori di vario genere. Papa, secondo l’accusa, con le informazioni su imminenti sviluppi giudiziari delle indagini, avrebbe determinato negli imprenditori uno stato di ”angoscia e paura” o addirittura di ”terrore”, avanzando poi richieste di denaro e di altre ”utilità” e promettendo in cambio nuove notizie sulle indagini e in alcuni casi anche favori processuali. Woodcock ha sottolineato, tra l’altro, i numerosi acquisti fatti da Papa in contanti per ingenti somme di denaro (tra cui alcune Jaguar e un appartamento a Roma) che non sarebbero compatibili con le esigue somme prelevate dal suo conto corrente: per gli inquirenti infatti il denaro utilizzato proverrebbe dalle tangenti ricevute. Il pubblico ministero ha anche ricordato che Papa consegnava agli imprenditori schede telefoniche riservate, con la raccomandazione di adoperare esclusivamente quelle per comunicare con lui. Il processo riprenderà il 18 ottobre con le arringhe degli avvocati Claudio Botti e Giuseppe Fusco, legali di parte civile di due imprenditori. Nelle udienze successive prenderanno la parola i difensori degli imputati, gli avvocati Giuseppe D’Alise e Carlo Di Casola