Rinvio a giudizio di 55 persone. È questa la richiesta fatta dalla Procura di Napoli, tra cui figurano nomi eccellenti come quello dell’imprenditore Alfredo Romeo, l’ex parlamentare Italo Bocchino (ai quali è contestato il reato di associazione per delinquere), l’ex governatore Stefano Caldoro (nei cui confronti l’originaria ipotesi di corruzione è stata derubricata in traffico di influenze) e l’attuale direttore dell’Asl Napoli1 Ciro Verdoliva (che deve difendersi da un’ipotesi di corruzione), nell’inchiesta dei sostituti Celeste Carrano ed Henry John Woodcock sul cosidetto “Sistema Romeo”, per compiere delitti contro la Pubbliche amministrazioni.
Regali, contratti di consulenza, una riassunzione. Anche con queste metodi, secondo la procura di Napoli, l’imprenditore Alfredo Romeo corrompeva un dirigente del Comune per poter ottenere l’intera gestione del patrimonio immobiliare del comune alla Rome Gestioni. Un affidamento prorogato fino al 2012. Non un episodio, ma una serie di episodi che permettevano al gruppo di avere anche un bando di gara cucito su misura. Dopo la chiusura delle indagini il 22 febbraio scorso i pm di Napoli Henry John Woodcock e Celeste Carrano hanno chiesto il processo sul cosiddetto “sistema Romeo” negli appalti pubblici. Tra i 55 imputati naturalmente c’è l’imprenditore Alfredo Romeo. È indagando su di lui che gli inquirenti napoletani hanno scoperto che l’imprenditore aveva tentato di fare il salto di qualità e acciuffare anche appalti della Consip, la Centrale acquisti della pubblica amministrazione. Su cui ha indagato quindi per competenza territoriale la procura di Roma. Un affaire che ha anche generato il filone l’inchiesta per rivelazione d’ufficio e ha coinvolto tra gli altri l’ex ministro Luca Lotti e l’ex comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette. Gli inquirenti hanno chiesto il rinvio a giudizio anche per l’ex deputato Italo Bocchino e l’ex governatore della Campania Stefano Caldoro. Tra i reati contestati, a vario titolo, corruzione e turbata libertà degli incanti, finalizzati all’assegnazione e aggiudicazione di appalti per servizi di pulizia di edifici pubblici. Viene contestata anche l’emissione e l’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti. Ciò al fine di costituire fondi neri da utilizzare per il pagamento di tangenti. La procura ha individuato come parti offese Palazzo San Giacomo, il Codacons, la Soprintendenza dei beni culturali del comune di Roma. Tra le contestazioni all’imprenditore anche l’aver pagato un soggiorno a Ischia a una funzionaria per lavori di riqualificazione di un palazzo storico in un hotel. L’udienza preliminare è stata fissata per il 6 dicembre alle 9.30 e si svolgerà davanti al giudice per l’udienza preliminare Simona Cangiano. Ad Alfredo Romeo, al suo collaboratore Ivan Russo e all’ex parlamentare di An viene l’associazione per delinquere finalizzata a delitti contro la pubblica amministrazione, alla corruzione e alla turbata libertà degli incanti in relazione all’assegnazione e aggiudicazione di appalti relativi ai servizi di pulizia di edifici e strutture pubbliche, ed altri servizi connessi con la formula del “global service”, e alla gestione di patrimoni immobiliari di pubbliche amministrazioni. Romeo viene individuato dai pm napoletani come “promotore e organizzatore” dell’associazione, mentre Bocchino rivestirebbe il ruolo di “organizzatore con il compito di provvedere alla pianificazione e alla gestione dell’attività”. A Caldoro è contestato di aver ricevuto da Bocchino e Romeo un finanziamento per dieci borse di studio destinato al centro studio che l’ex consigliere e governatore della Campania voleva fondare intervenendo su un funzionario dell’università Federico II per ottenere la revoca di un appalto per il servizio dei pulizia delle strutture ospedaliere per poter ottenere la gara stessa attraverso la procedura centralizzata gestita dalla Consip. Secondo l’accusa Bocchino aveva contatto Caldoro che a sua volta era intervenuto sul dirigente. Per Caldoro come sottolineato dai suoi difensori, gli avvocati Alfonso Furgiuele e Fabio Carbonelli, “il pubblico ministero ha escluso definitivamente la configurabilità della corruzione e limitato l’accusa alla più lieve fattispecie del traffico di influenze, peraltro nella ancora più tenue formulazione originaria”. Per i legali di Caldoro si tratta di “un primo importante passo per escludere ogni tipo di responsabilità. Ora che si è concluso il lavoro dell’accusa, dimostreremo davanti al gup che non vi è stato nulla di penalmente rilevante nella condotta del presidente Caldoro”. Richiesto il rinvio a giudizio anche per Ciro Verdoliva, attuale direttore generale della Asl Napoli 1 Centro e, all’epoca dei fatti oggetto dell’indagine, direttore dell’Ufficio Economato dell’Azienda ospedaliera “Cardarelli” di Napoli. Il dirigente, stando alla procura, in cambio anche di lavori in un appartamento, avrebbe coperto le inadempienze della ditta rispetto a un appalto di pulizia. Tra gli imputati anche due appartenenti alla Guardia di finanza e due poliziotti, che avrebbero fornito informazioni al dirigente su inchieste in corso, e un dirigente del ministero della Giustizia che doveva sbloccare i pagamenti per fatture emesse dalla ditta per un appalto sulle pulizie presso il Tribunale di Napoli. In cambio Romeo prometteva l’assunzione della figlia.