Sono un migliaio le parti civili del caso Eternit che non hanno ricevuto un indennizzo: e non si tratta dell’errore di un cancelliere, di un virus informatico o di una dimenticanza, ma di ragioni processuali come la prescrizione, che è scattata il 13 agosto 1999. E’ Luciano Panzani, presidente del Tribunale di Torino,

ad affermarlo in un comunicato che scioglie una serie di dubbi sorti all’indomani della sentenza: il giudice Giuseppe Casalbore, nelle tre ore di lettura del dispositivo, non ha citato tutti i nomi contenuti nello sterminato elenco delle persone offese, e questo, soprattutto nei cittadini di Casale Monferrato (Alessandria), la località piemontese in cui l’amianto ha mietuto 1.800 vittime, ha destato timori e perplessità. Oltre ad infliggere sedici anni di carcere ai due imputati, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier, il Tribunale ha accordato somme variabili (a titolo di provvisionale, vale a dire di acconto) fra i 30.000 e i 35.000 euro ai malati e ai parenti delle vittime. Il totale – compresi i denari che vanno ad enti, associazioni e sindacati – supera abbondantemente gli ottanta milioni. Ma perché non a tutti? Il presidente Panzani si rende conto che, dato “il numero elevatissimo di parti civili (erano 6.392 all’apertura del processo e solo qualche centinaio si sono ritirate dopo una trattativa con la Eternit – ndr) è possibile che disguidi tecnici abbiano potuto riguardare la posizione di alcune di esse”. Ma questo vale “per un numero limitato di casi”. E allora, se è vero che “é possibile che molte parti civili, nell’ordine di un migliaio, siano rimaste deluse dal fatto di non essersi viste riconoscere il diritto al risarcimento dei danni”, questo non significa che sia “frutto di errore”. I fattori sono due. In primo luogo non manca un collegamento certo fra la patologia e l’esposizione all’amianto. E soprattutto c’é la prescrizione: niente indennizzo a chi si è ammalato prima del 13 agosto 1999, data spartiacque che vale per tutti gli stabilimenti Eternit sotto esame (da Casale a Cavagnolo, da Rubiera a Napoli-Bagnoli) per quanto riguarda il reato di rimozione di cautele. La prescrizione ha tagliato fuori soprattutto le “persone offese” di Rubiera (Reggio Emilia) e di Bagnoli. A Napoli, lunedì prossimo, il dopolavoro ferroviario di Fuorigrotta ospiterà una prima riunione di commento a quella che i promotori dell’iniziativa definiscono la “nefasta angolazione” della sentenza, ed è in programma una visita della delegazione dell’Afeva (l’associazione dei familiari delle vittime di Casale Monferrato) a Reggio per un incontro con le parti civili emiliane. L’Osservatorio nazionale amianto chiede alla Procura di Torino di “tenere conto” dei malati e dei deceduti per l’amianto lavorato all’Eternit di Siracusa: ma di quello stabilimento si era già occupata la magistratura siciliana con un’inchiesta in cui, fra l’altro, le ipotesi di accusa a carico di Schmidheiny (si legge nel sito del miliardario svizzero) non erano sfociate in un processo.

 

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