Pietro Lignola, ex presidente di Corte di Assiste a Napoli, è stato assolto dalle imputazioni di abuso di ufficio e rivelazione del segreto di ufficio. La sentenza è stata emessa oggi dalla seconda sezione del Tribunale di Roma che ha accolto le richieste del legale di Lignola, avvocato Saverio Senese. Lignola per entrambi gli addebiti è stato assolto con la formula ”perché il fatto non si costituisce reato”. Il processo è scaturito da un esposto presentato dalla Dda di Napoli negli anni scorsi quando il magistrato presiedeva una sezione della Corte di Assise di Appello. La prima contestazione si riferiva alla nomina in un processo di un perito che, dieci anni prima, aveva svolto attività di consulenza per la difesa (e comunque, ha evidenziato il legale, per imputati diversi da quelli che venivano processati dalla Corte presieduta da Lignola). Per quanto riguarda invece la violazione del segreto, il reato era stato ipotizzato in seguito alla iniziativa di Lignola, in un processo contro presunti esponenti della criminalità organizzata, di chiedere le registrazioni – da acquisire poi agli atti del dibattimento – dei colloqui tra due collaboratori di giustizia avvenuti nel carcere di Benevento. Tale acquisizione – ha spiegato l’avvocato Senese – era indispensabile per l’accertamento dei fatti: i legali della difesa infatti avevano chiesto e ottenuto la rinnovazione del dibattimento proprio per accertare i contatti tra i due pentiti, sulle cui dichiarazioni si reggeva l’accusa. La Dda aveva invece ritenuto che l’acquisizione dei colloqui nel processo costituisse una violazione del segreto. Senese ha espresso soddisfazione per la sentenza del Tribunale di Roma. ”Questa vicenda – ha commentato – ripropone la questione del potere eccessivo che il codice assegna alle procure, un potere che non trova alcun bilanciamento. Non vi è una responsabilità dei singoli, ma è il sistema che è sbagliato e che occorre correggere”.

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