Ha venduto le fedi nuziali, la tv, tutto ciò di valore aveva in casa e che poteva permetterle di sfamare i suoi tre figli, di 12, 9 e 4 anni: Monica Domigno, 32enne di Pomigliano d’Arco (Napoli), si dice proprio disperata, con un marito disoccupato da sette anni, da quando è stato licenziato dall’azienda dove lavorava, e il senso di impotenza per non poter sfamare i propri figli, che le chiedono un tozzo di pane.
Pane che spesso non può comprare. Che fare? Appellarsi a Silvio Berlusconi perchè intervenga ad aiutarla. Tra pochi giorni dovrà lasciare la sua abitazione, ”non paghiamo il fitto da troppi mesi”, spiega, e rischia di dormire in una vecchia auto insieme ai suoi bambini. La scorsa settimana è salita sul tetto della propria abitazione, minacciando di lanciarsi di sotto insieme ai tre figli, ma poi ha chiesto aiuto, fino a quando non sono arrivati i carabinieri che le hanno procurato un appuntamento con il sindaco Lello Russo. ”Lui mi ha ricevuta – spiega Monica – mi ha fatto qualche promessa, mi ha dato qualche buono per la spesa. Ma noi non vogliamo la carità, vogliamo poter dare una vita ai nostri bambini, e per questo serve un lavoro”. E così Monica ha chiesto ad un’amica di farle usare il computer per poter scrivere all’ex premier, inviandogli una lettera con un messaggio privato dalle pagine di Facebook: ”Grazie a lui ho usufruito fino allo scorso anno della social card – dice – e quando ho partorito due dei miei tre figli ho ricevuto anche un assegno”. Una lettera accorata a Berlusconi, scritta con le lacrime agli occhi: ”La mia vita (se così può definirsi), non ha più senso visto che non riesco a dare un riparo sicuro e del cibo ai miei figli – scrive Monica – da quando è stato licenziato, mio marito ha fatto qualsiasi cosa, ma non ha trovato un lavoro stabile, ed ora che la crisi stringe nella morsa tutti, è a ‘spasso’, come tanti altri. Mi creda, sono arrivata all’esasperazione per salire su un tetto insieme ai miei figli, per compiere un gesto del genere: come si fa a vivere sentendo i tuoi bambini gridare ‘ma io ho fame’. Vederli soffrire ormai è diventata la tortura della mia vita”. ”Le scrivo per gridarle il mio dolore – aggiunge la donna – ma anche per chiederle aiuto. So che lei è una persona generosa, e spero che il mio grido non resti inascoltato. Mi piacerebbe poter lavorare, un piccolo lavoro, per me o mio marito, per dare il minimo indispensabile ai nostri bambini. Lei ha dei figli, sa cosa significa vederli piangere, soffrire e non poter far nulla. Mi aiuti ad avere un po’ di pace. Magari lei, con il suo cuore grande, può dare una mano ad una povera mamma ed ai suoi tre bambini”.