Don Ivan Licinio, vicerettore del Santuario di Pompei, risponde al leader della Lega, Matteo Salvini, che aveva invocato la castrazione chimica per il nigeriano che aveva molestato l’operatrice di un centro nel Napoletano. Il giovane prete che guida la pastorale giovanile della Basilica pontificia dedicata alla Madonna del Rosario ribadisce il commento che aveva affidato a Fb: «Salvini, castrati il cervello», sottolineando di aver fatto ricorso a un «sillogismo». Il sacerdote spiega all’Ansa il senso della sua affermazione, riportata dal quotidiano online Metropolis. «Il mio – sottolinea – è un sillogismo. Se una persona va punita per avere usato una parte del suo corpo per fare violenza, anche chi adopera il cervello in modo violento dovrebbe subire lo stesso trattamento». Il suo obiettivo era «solo per far capire che alle persone va dato rispetto. Innanzitutto alla vittima, ma anche all’aggressore che sia immigrato o italiano. Purtroppo la violenza non appartiene solo agli extracomunitari, non è giusto invocare pene così cruente nei confronti di un immigrato perché è tale». «Voglio dire a Salvini – aggiunge il sacerdote – che chi ha incarichi istituzionali ha anche grandi responsabilità nei confronti dell’opinione pubblica, non deve abbandonarsi a frasi che istigano alla rabbia. Siamo già in un momento storico delicato, con un clima di odio nei confronti degli immigrati che non è giusto infiammare. Non deve però mettere altra carne sul fuoco. Non tutti i migranti sono stupratori. È questione di intelligenza. E non possiamo tacere contro un certo tipo di propaganda politica. Anzi, dobbiamo avere paura del silenzio degli onesti».

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