Si è conclusa nel pomeriggio di ieri, all’interno delle aule della sezione lavoro del Tribunale di Nola, la lunga e complessa vicenda dei cinque operai Fiat, licenziati un anno fa per aver inscenato il finto suicidio di Marchionne, a denuncia dei suicidi di Maria Baratto e Peppe de Crescenzo, due operai Fiat che non hanno retto il peso di anni in cassa integrazione. Il Giudice del lavoro si è riservato, assicurando che nel giro di una decina di giorni la senten-za sarà pubblicata. Che non sarebbe stata un giornata di routine, al tribunale di Nola, lo si era capito già dalle prima ore del mattino, quando ai cancelli si è iniziato a formare un presidio in solidarietà ai cinque licenziati. Molti i solidali del movimento napoletano ma non solo: da Bologna sono arrivati al presidio circa una ventina di lavoratori della logistica, iscritti al Si-Cobas. Un incontro mattutino, tra i licenziati ed il Presidente del Tribunale, aveva rassicurato tutti sul fatto che la vicenda si sarebbe, probabilmente, chiusa in giornata. In realtà, la legge Fornero prevederebbe la definizione del giudizio, in caso di licenziamento, entro 40 giorni dal deposito del ricorso. In questo caso, la fissazione della prima udienza si è avuta a circa un anno di distanza dalla data del licenziamento. Serrato è stato il dibattito in aula tra l’Avv. Giuseppe Marziale, difensore degli operai, e l’Avv. De Luca Tamajo, difensore della Fiat. “ll colmo – si legge dal comunicato del comitato di lotta cassintegrati e licenziati Fiat, del Si-Cobas e del Laboratorio Politico Iskra, diffuso in serata – e’ stato raggiunto al termine del dibattimento, quando il più “autorevole” tra i legali di Marchionne, De Luca Tamajo, consa-pevole dell’inconsistenza e della ridicolaggine dei teoremi accusatori riguardanti l’oramai celebre “episodio del manichino”, ha tentato di condizionare il giudice rispolverando il metodo della caccia alle streghe e arrivando a calunniare gli operai bollandoli come “potenziali sovversivi e terroristi. L’atteggiamento assunto oggi dai legali Fiat dimostra la debolezza dei teoremi accusatori e la paura del ritorno in fabbrica di cinque operai che hanno sempre lottato a testa alta e alla luce del sole.” Un fatto assolutamente anomalo, sicuramente illegittimo ed anche abbastanza inquietante, è stato la chiusura dell’aula ai familiari del licenziati nonché il divieto d’accesso al Tribuna-le a tutti i solidali in presidio dalla mattina. “Un fatto decisamente preoccupante – ha riferito l’Avv. Giuseppe Marziale – si è deciso di limitare l’accesso ad alcune categorie di persone e non ad altre. A quel punto avrebbero dovuto impedire l’accesso anche ai funzionari Fiat”. Tra l’altro, i motivi di spazio che hanno precluso l’accesso all’aula dove si è svolta l’udienza, anche alle mogli dei licenziati, non hanno impedito alla Digos, alla polizia ed ai carabinieri di gironzolare dentro e fuori la stessa, per l’intera durata del processo. Certo è che il tribunale militarizzato, con l’ accesso precluso solo ad alcune categorie di persone, la Fiat che manda circa dieci avvocati per un processo contro cinque operai li-cenziati, la digos politica che gironzola dentro e fuori l’aula dove si discute la causa e l’Avv. De Luca Tamajo che fa pressioni sul giudice ipotizzando derive terroristiche, danno un immagine molto chiara del clima che si respira in questo paese. Considerando che, fino a qualche mese fa, tutti i Capi di Stato scendevano in piazza in nome della libertà di espressione, a difesa di un giornale satirico – lanciando la campagna “Je suis Charlie Hebdo”- appare paradossale che, oggi, cinque operai si trovino a processo per aver rappresentato in maniera satirica e teatrale un finto suicidio, a denuncia di suicidi reali di operai schiacciati, psicologicamente e materialmente, da anni di cassa integrazione. Intanto, sempre nella giornata di ieri, è stato istituito un nuovo organo di rappresentanza sindacale alla Fiat: il consiglio delle rsa. Questo nuovo consiglio, avrebbe il compito di de-liberare, solo ed unicamente a maggioranza assoluta, su una serie di questioni tra cui an-che lo sciopero. “Un altro tentativo – dicono dal comitato di lotta – di limitare, se non annullare, l’agibilità po-litica e sindacale all’interno della fabbrica di tutti quei soggetti come noi che non scendono a compromessi per qualche voto, qualche privilegio o qualche posto di lavoro”.
Luca Leva
Giulia Ambrosio