Proseguono le deposizioni dei testimoni al processo per l’omicidio della piccola Fortuna Loffredo, avvenuto nel 2014 al Parco Verde di Caivano. E intanto uno dei testi, interrogato nell’udienza del 10 gennaio scorso, rischia l’incriminazione per falsa testimonianza. I pubblici ministeri Domenico Airoma e Claudia Maone hanno infatti chiesto alla Corte di Assise la trasmissione degli atti al proprio ufficio per poter procedere nei confronti di Massimo Bervicato, una delle persone che erano nelle vicinanze del palazzo dal cui terrazzo all’ottavo piano sarebbe stata lanciata Chicca (come veniva da tutti chiamata Fortuna). L’uomo avrebbe offerto una sorta di alibi all’imputato, Raimondo Caputo detto Titò, sostenendo che quest’ultimo si trovava nel cortile quando la bambina precipitò, una circostanza che avrebbe escluso la partecipazione di Titò al delitto. I magistrati della procura hanno interrogato nei giorni scorsi come persona informata dei fatti un altro uomo che, a dire di Bervicato, era in cortile il quale, davanti ai pm, ha escluso di aver visto Caputo nel cortile. Una discrepanza tra le due versioni che ha indotto i pm a valutare l’apertura di un procedimento per falsa testimonianza. Oggi in aula ha testimoniato, tra gli altri, il tenente colonnello del Racis dei carabinieri Anna Bonifazi, psicologa in servizio al reparto analisi criminologica. L’ufficiale nel corso delle indagine ha sentito, con tutta la delicatezza del caso, l’amichetta del cuore di Fortuna che raccontò agli inquirenti di aver visto Titò mentre sul terrazzo tentava di abusare della bambina prima di lanciarla nel vuoto. La Bonifazi ha confermato che la bambina era apparsa sofferente quando fu sollecitata a ricordare cosa avvenne quel giorno e che si comportava come se fosse stata sollecitata da qualcuno a non dire la verità, circostanza che emerge dalle intercettazioni ambientali.

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