Non risultava detenuto, ma a piede libero. Potrebbe essere questo il retroscena della scarcerazione lampo del boss Nicola Rullo, una vicenda recentemente al centro dell’attenzione dei vertici del distretto giudiziario di Napoli. Scarcerato per decorrenza dei termini di fase, perché l’udienza in Cassazione (dopo una condanna a dieci anni in appello) era stata fissata alla fine di aprile, vale a dire qualche giorno dopo il tempo utile a celebrare il terzo grado di giudizio dopo la condanna di secondo grado. Una circostanza che emerge dalle verifiche sul caso di Nicola Rullo messe in campo in questi giorni dall’ufficio ispettorato del Ministero di giustizia. Già perché sul caso Rullo si sono mossi gli ispettori di via Arenula, chiedendo una relazione dettagliata a tutti gli uffici interessati al caso. Si muovono gli ispettori del Guardasigilli, ufficio alla guida del magistrato napoletano Andrea Nocera, che punta ora a fare chiarezza sulla scarcerazione di Nicola Rullo, presunto boss del clan Contini, capace di assicurare un avamposto dell’alleanza di Secondigliano – dicono gli inquirenti – alle spalle del rione Mercato. Un caso che si consuma nel giro di pochi giorni: il 17 aprile la scarcerazione di Rullo per decorrenza dei termini di custodia cautelare, due giorni dopo è stata la Dda di Napoli a metterci una toppa, con un decreto di fermo per fatti di droga per vicende risalenti al 2011. Tornato in cella, Nicola Rullo (conosciuto con il poco lusinghiero appellativo di «‘o ‘nfamone») si è visto notificare anche la conferma della condanna a dieci anni rimediata a Napoli per un’estorsione consumata in qualità di boss della camorra delle case nuove. Chiuso il caso sotto il profilo della detenzione, resta aperta la verifica da parte del ministero della giustizia. Una indagine esplorativa, non ci sono soggetti «incriminati» sotto il profilo disciplinare, anche se dall’istruttoria condotta in questi giorni tra Napoli e Roma emergono alcuni punti fermi.
Uno di questi riguarda lo status di Nicola Rullo, il cui fascicolo viene inserito in Cassazione tra i soggetti a piede libero, pur essendo detenuto da alcuni mesi. In sintesi, Rullo viene assolto in primo grado, ma condannato in appello, dove celebra il processo ancora a piede libero. Dopo la sentenza che gli infligge una pena a dieci anni di reclusione, scatta la misura cautelare, con un blitz dei carabinieri che consente di stanare Rullo in un covo nel basso Lazio. Nel frattempo però è partito il ricorso per Cassazione, grazie al lavoro degli avvocati Domenico Dello Iacono, Salvatore Pane e Saverio Senese, nel tentativo di ribaltare la sentenza di condanna. Cosa accade in questi mesi? È il punto su cui verte l’indagine ispettiva. Di sicuro sappiamo che è il fattore tempo a finire al centro dell’attenzione degli ispettori del Ministero. Stando a quanto ricostruito finora, ci sono voluti dieci mesi a trasmettere le carte dalla Corte di Appello di Napoli alla Cassazione, circa otto mesi per fissare e celebrare l’udienza in Cassazione, per altro fissata qualche giorno dopo la dead line, vale a dire il termine di fase consentito per celebrare il terzo grado di giudizio. Possibile uno sfilacciamento tale per un solo imputato? Come è potuto accadere, per un soggetto indicato come pericoloso capoclan napoletano?
Sul tavolo dell’ufficio ispettorato di via Arenula, è arrivata in questi giorni la relazione di Giuseppe De Carolis, presidente della Corte di Appello di Napoli, che ha ricostruito le tappe della vicenda, a partire dalle prime indagini all’assoluzione di primo grado, fino alla condanna in appello. Poi sarà necessario valutare cosa è avvenuto a Roma, anche se la ricostruzione è abbastanza a senso unico: possibile infatti che il nome di Nicola Rullo sia arrivato come «detenuto a piede libero», come per altro risultava fino alla pronuncia della sentenza di appello che lo condannava a dieci anni, e anche in Cassazione il fascicolo è stato trattato per un imputato non detenuto. Dunque, l’udienza a Roma è stata fissata senza alcuna procedura d’urgenza e senza badare al rischio di una scarcerazione per effetto della decorrenza dei termini.