“Intorno a me era tutto buio. Onde alte quattro-cinque metri. I fulmini, i tuoni, il vento. Il mare gelido. La mia nave avvolta dalle fiamme che si allontanava. È sopraggiunta la paura di non farcela”. Gianluca Assante, il marittimo trentanovenne di Procida naufrago della Norman Atlantic, racconta al Mattino di aver pensato alla moglie e ai suoi figli nelle ore passante in mare, e di aver pregato. “Nella natura scatenata – dice – sembrava non potesse compiersi il miracolo. Invece, quattro ore dopo una nave mi ha salvato”. Assante è stato sbalzato in acqua, come spiega lui stesso al quotidiano: “Intorno c’era l’inferno. Non vedevo più niente perché le onde mi avevano allontanato di molto dalla nave incendiata che rischiarava la zona. A darmi forza il comandante Giacomazzi che io sentivo via radio, insieme al primo ufficiale Iovine: davano ordini nelle operazioni di soccorso. Non mi ha mai abbandonato. Ogni tanto trovava il tempo di chiamarmi e infondermi coraggio”. Nell’acqua gelida ha avuto i crampi alle gambe, conati di vomito, e quando ha visto una nave che però si allontanava ha pensato: “è la fine”. Poi, l’odore di combustibile gli ha preannunciato l’avvicinarsi di un altra nave, era la petroliera Genmar Argus che passava in quella zona, e “mi hanno recuperato con una manovra eccezionale, dopo tre tentativi andati a vuoto”. Solo a quel punto, conclude “mi sono reso conto di essere finito a ben 14 miglia dal traghetto incendiato. Più tardi, un elicottero della Guardia Costiera mi ha portato a Brindisi”.