AFRAGOLA – Tre uomini sono stati arrestati dalla Guardia di Finanza della compagnia di Afragola in base a un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari emessa dal gip presso il Tribunale di Napoli su richiesta della Procura. L’indagine e’ stata coordinata dal procuratore aggiunto Nunzio Fraiasso. Gli indagati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe immobiliari e violenza privata.
I tre arrestati sono Giovanni Leo di 65 anni, Ovidio Pioggiarella di 64 e Mauro Mosca, 38. Gli arresti di oggi rappresentano il prosieguo di un’indagine avviata 3 anni fa dalla Procura e culminata nel 2010 con altri 5 arresti. Due dei tre arrestati hanno rivestito il ruolo di “figuranti”: un finto cardinale e un finto ingegnere. Tutti i presunti appartenenti al sodalizio criminoso negli anni che vanno dal 2005 al 2010 avrebbero commesso una serie di truffe consistite in fittizie vendite immobiliari ai danni di oltre 300 persone per un giro di affari superiore ai 30 mln di euro. Le indagini hanno consentito di rivelare il disegno criminoso della banda che, composta in prevalenza da “colletti bianchi” (consulenti aziendali ed immobiliari) facendo anche leva sulla condizione di sofferenza del mercato immobiliare aveva posto in essere delle vere e proprie truffe creando una rete di vendita di immobili sotto costo. Sarebbe emerso in molti casi che la banda allo scopo di promuovere e perfezionare le fittizie vendite immobiliari aveva organizzato delle vere e proprie convention nel corso delle quali per la persuasione delle ignare vittime si presentavano in veste di “figure di garanzia” per i potenziali creditori, di un finto cardinale, con indosso l’abito talare e un falso ingegnere che veniva accreditato come figura di collegamento con gruppi societari di investimento immobiliare di diritto lussemburghese. Le fittize transazioni immobiliari prevedevano anche la sottoscrizione di contratti cosiddetti di “conferimento di incarico per consulenza immobiliare” intestate a societa’ di fatto inesistenti che consentivano alla banda di incamerare agevolmente ingenti somme di denaro a titolo di caparra spesso costituite da risparmi frutto di una intera vita lavorativa che in seguito non erano restituite agli aspiranti acquirenti. In un caso una delle vittime subi’ anche minacce e botte per avere deciso dopo varie richieste di restituzione dell’acconto versato di denunciare gli autori della truffa ai suoi danni.