di Beniamino De Michele*

Il primo giorno che ho messo piede nella Pro Loco di Cesa su insistenza del “piccolo uomo” è stato per verificare quanto si diceva in paese della Pro Loco: una riserva indiana dove alcuni cipressi ( alberi che non prendono mai il tarlo ), si riunivano all’esterno della Pro Loco e decidevano. Le prime volte, forse perché distratto, mi sono trovato a dar torto a chi aveva dato alla Pro Loco l’appellativo di “riserva indiana”.

Poi, durante l’ultima elezione al “Soglio” della presidenza della Pro Loco, mi sono trovato di fronte ad una pianificazione degli organi statutari della Pro Loco voluto dai tre cipressi. Di fronte a questa pianificazione mi convinsi in quel momento che la Proloco di Cesa era davvero una “riserva indiana”. Nacque subito il desiderio di liberare la Pro Loco dallo steccato di “riserva indiana” e consegnarla ai soci e alla cittadinanza tutta. C’è voluto del tempo per convincere la nuova dirigenza che la Pro Loco non era proprietà dei tre cipressi ma dell’intera comunità di Cesa e, con la festa di primavera dell’otto e del nome giugno abbiamo consegnato la Pro Loco alla cittadinanza anche se siamo stati accusati di aver fatto una festa di plebei.

Diversamente non poteva essere poiché nessuno di noi è figlio di principi, di conti o di marchesi; i nostri genitori semplici lavoratori che hanno creduto nell’onestà del lavoro e nel ruolo che la società aveva scelto per loro; mai hanno voluto rincorrere il Paradiso a dispetto dei Santi, mai hanno voluto “appupparsi”, e quando l’hanno fatto sono stati gli altri a volerlo, e questo dovrebbe servirci da esempio. L’appuppato o l’appuppata all’interno della Pro Loco di Cesa esisterà sempre, spetterà a noi soci della Pro Loco far capire a questi della “riserva indiana”, che non si può rincorrere il Paradiso a dispetto dei Santi. A tal proposito voglio farvi leggere che cosa mi sono trovato a scrivere “dell’appuppata” solo pochi giorni fa.

Dovendo scrivere una favola per alcuni ragazzi delle classi primarie, non sapendo cosa scrivere, mi sono imbattuto in alcuni libri per cercare di recuperare qualche idea. Sfogliando sfogliando mi sono ritrovato in un paese dove ogni anno si tiene la festa della “Appuppata”. Pensai che fosse la festa delle poppe divine, fonti di latte materno, ma mentre leggevo mi rendevo conto che non era come avevo pensato: era la festa di effimere vetrine dove tutti correvano per “appupparsi”, mettersi in mostra. Mi chiesi mentre continuavo a leggere quel libro: questi davanti a chi si sarebbero “appuppati”.

Da quel libro non riuscii a trovare niente che mi potesse spiegare come funzionasse quella festa, così lasciai stare quel libro per cercarne altri. Dovevo scrivere quella favola entro pochi giorni, non potevo permettere che mia moglie facesse una brutta figura, poiché era stata lei a chiedermela per la sua classe; così mi recai a casa di un mio amico ( El Calag ) per farmi dare un’idea. Lo trovai dietro la sua scrivania mentre guardava una gigantografia di un asino; questo appena mi vide, mostrandomi quell’asino, mi disse: “Comm sta appuppat chist ciucc”.

Con quella frase, il mio amico, mi aveva fatto capire che cosa fosse la festa della “Appuppata”; così lasciai stare la festa della “Appuppata” per non consegnare un cattivo esempio a quei ragazzi delle classi primarie e incominciai a scrivere la storia di due coniglietti, i cui nomi erano Giorgino e Carotina, ricordando a quei ragazzi delle classi primarie che la riservatezza, anche se poca rumorosa, è sempre più visibile “dell’appuppata”.

*Componente Direttivo Pro Loco Cesa

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