di Beniamino De Michele*
Ero fermo di fronte la macelleria di compare Ciccio, osservavo un ragazzino con il naso sporco mentre guardava in una busta piena di frattaglie che teneva stretta con una mano, sembrava che aspettasse qualcuno. Lo fissai perché nonostante cercasse di allontanare dal suo nasino sporco una mosca, questa con insistenza cercava di appollaiata sul suo naso. Riconobbi la vecchia signora che lo prese per mano appena uscita dalla macelleria di compare Ciccio. Sorpreso, mi chiesi che cosa avesse spinto donna Francesca ad elemosinare frattaglie; solo pochi anni prima era inimmaginabile vedere una del suo rango elemosinare frattaglie per lei e per la sua famiglia. Improvvisamente fui catapultato lungo le strade della memoria alla ricerca di errori commessi da donna Francesca, tali da ridurla ad elemosinare frattaglie. Sapevo delle loro difficoltà, così pensai che fosse stata l’usura a ridurla ad elemosinare frattaglie.
La fantasia mi portò ad immaginare di essere un giornalista e intervistare il signore X per chiedergli che cosa ne pensasse dell’usura e degli uomini che la praticavano. Immaginare questo signore X che mi guardava stupito mentre diventavamo come il gatto e il topo, io a rincorrere la notizia, lui a nascondere la notizia: un siparietto simpatico tra due furbetti. Immaginai che mi dicesse: “Anche Cicerone quando abbandonò la politica per dedicarsi alla filosofia, non consentì mai che i suoi vecchi amici di partito fossero intervistati da amici di partito”. Immaginai di non capire niente di quello che aveva voluto dire e perché avesse voluto scomodare Cicerone, ma il dubbio che mi avesse scambiato per uno del suo partito immaginai che mi avrebbe spinto a dirgli di non aver mai fatto parte del suo partito, di non aver mai prestato soldi a strozzo. Immaginai di dirgli, per farlo parlare ancora di più, che avrei voluto incominciare a farlo in quel momento di “vacche magre”. Immaginai che il signore X con il suo faccione simpatico mi avrebbe detto: ”Per fare questo mestiere necessariamente devi abituarti ad essere lo scendiletto di qualcuno, rispondere sempre presente ad ogni chiamata, rispondere assente ti costerebbe sempre di più essere lo scendiletto di qualcuno”.
Immaginai di continuare a non capire niente mentre il signor X mi dicesse: “L’interesse di tutti è il silenzio rivolto alla costruzione di una casa comune, sia dello scendiletto, sia di chi scende dal letto”. Immaginai che mi dicesse: “In questo lavoro viene data la preferenza ai deboli, a chi riesce a non denunciare”. Nella mia fantasia immaginai il signor X che parlasse con la dialettica bonaria di un benefattore e non di un usuraio, invece era uno dei peggiori. La sua ricchezza oltre ad averla costruita con l’usura era dovuta all’accaparrarsi di carichi di merce rubata, di frode all’erario o mettendo sulle cambiali firme di persone che neppure conosceva o affondando navi piene di cose rotte invece di mercanzie sane, facendosi pagare dalle società di assicurazioni. Immaginai che si pavoneggiasse della sua ricchezza dimenticando la provenienza della ricchezza, illudendosi di far parte di una nuova aristocrazia capace di vendere anche moglie e figlie pur di essere primi in quella nuova aristocrazia. Immaginai che spesso avevano comprato con pochi spiccioli le difficoltà della povera gente dopo averli affondati. Mentre rincorrevo il signor X nella mia fantasia, fui allontanato da queste immagini da quella fastidiosa mosca che aveva preferito lasciare il naso di quel ragazzo per appollaiarsi sul mio.
Infastidito dal ronzio di quella mosca, fui costretto a lasciare la strada della fantasia per ritornare con i piedi per terra. Era il periodo di Carnevale quando quella mosca cercò di usurare il profumo delle frattaglie che aveva quel ragazzino nella busta, dopo seguiva la Quaresima, il periodo dell’’astinenza, così mi astenni dal riprendere la mia intervista e salutai il signor X, ma rimpinguai l’odio verso i tanti signori X che affollano ancora oggi le nostre piazze rumoreggiando con le bullette ( centrelle) delle loro scarpe…
*Tratto dal libro “L’Irriverente” Racconti brevi di un paese che forse non è solo il mio
di Beniamino De Michele