Per l’Italia un tris d’autori senza troppe concessioni. Alberto Barbera insomma si è animato di un bel coraggio – o come dicono le malelingue ha fatto di necessità virtù – nel proporre in questa 70/ma edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, a parte il film-film ‘L’intrepido’ di Gianni Amelio, un’opera prima di vocazione teatrale come ‘Via Castellana Bandiera’ di Emma Dante e poi perfino un documentario ‘Sacro GRA’ di Gianfranco Rosi. Tre opere difficili che non guardano certo al botteghino, ma questo è.

Intanto scenderà in campo, Amelio, ultimo Leone d’oro vinto dall’Italia nel 1998 (Così ridevano). Scritto appositamente sulla maschera di Antonio Albanese, il film racconta, in questa Italia della crisi, un uomo che si inventa un mestiere quello del ‘rimpiazzo’, ovvero di prendere, anche solo per qualche ora, il posto di chi si assenta dalla propria occupazione. Per quanto riguarda ‘Via Castellana Bandiera’ è tutto un altro discorso. Emma Dante scrittrice, attrice e regista teatrale palermitana, mette in questa battaglia stradale una specie di inno al femminile.

Di scena due donne, Rosa e Clara, compagne di vita, che in un auto si trovano la strada ostruita dall’auto di Samira, nel quale si ammassa la famiglia Calafiore. Ora nessuna delle due auto vuol fare marcia indietro e cosi’ e’ battaglia verbale, e non solo, mentre intanto si ferma un intero quartiere. E il lungo anello stradale del Grande Raccordo Stradale di Roma è lo scenario del documentario di Gianfranco Rosi, ovvero ‘Sacro GRA’ girato dopo oltre un anno di vagabondaggio del regista su un camper in questa rumorosa e inquinata fettuccia stradale. In questo film la voce e il racconto di tanti personaggi, da l’attore agè di fotoromanzi al ‘palmalogo’ che cerca di salvare le sue amate piante, passando dal neo-principe che fa ginnastica sul tetto del suo castello abusivo della periferia nord-est. Da parte del regista ancora il racconto del fascino di chi vive ai margini con grande forza e decoro. Ma per l’Italia non finisce qui. Nel fuori concorso ci sarà ‘Che strano chiamarsi Federico’, da un verso di Federico García Lorca applicato al regista di Otto e mezzo. Un omaggio di Ettore Scola a Fellini, tra immagini di repertorio ed episodi ricostruiti con attori a Cinecittà.

 

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