Una “lettera d’amore a Michael Jackson”. Così Spike Lee considera Bad 25, il suo documentario sul re del pop (scomparso tre anni fa, a soli 50 anni) presentato oggi alla Mostra di Venezia fuori concorso e accolto stamattina da applausi alla proiezione per la stampa.

Si racconta il processo creativo da cui è nato Bad, il terzo album solista del re del pop, 45 milioni di copie vendute nel mondo, in occasione dei 25 anni dall’uscita, e di nuovo nei negozi in un’edizione ad hoc ricca di extra dal 18 settembre. Il regista (che stasera riceverà il premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker), intanto, sta già lavorando a un nuovo film, il remake di Old boy, cult del coreano Park Chan-wook, che avrà nel cast Samuel L. Jackson, Elizabeth Olsen e Josh Brolin. “Bad 25 (che avrà anche una versione televisiva e un director’s cut in home video) lo faremo vedere presto ai figli di Michael, Prince (15 anni), Paris (14 anni) e Blanket (10)” spiega John Branca, produttore esecutivo del film ed esecutore testamentario di Jackson. Effettivamente “i bambini vogliono sapere più che possono del loro padre – aggiunge il regista, arrivato in conferenza stampa con la maglietta del film – Impareranno molto guardando il documentario”.

Il cineasta, che ha lavorato con ‘Jacko’, dirigendo nel 1996 due video per They Don’t Care About Us e il video postumo di This is it, spiega: “Io sono del ’57, lui del ’58, come Prince. Sono cresciuto con Michael Jackson. Quando nel 1969 andava in tv da Ed Sullivan con i Jackson 5, volevo essere lui. Avevo la capigliatura afro come la sua, ma mi fermavo lì non sapendo né cantare né ballare. Fare questo film è una delle cose più belle della mia vita”. In poco più di due ore, Lee ripercorre il lungo lavoro sull’album, che per Jackson ha rappresentato una grande sfida, venendo dal successo planetario del suo disco precedente, Thriller, che con oltre 100 milioni di copie vendute ha un record ancora imbattuto. “Uno dei motivi per cui ho accettato di fare Bad 25 è perché mi si chiedeva di concentrarmi solo sulla musica. In mezzo a tante chiacchiere su Michael, spesso il suo genio musicale non ha avuto la meritata attenzione. Qui si vede il sangue, il sudore e le lacrime che ci sono dietro questo capolavoro – spiega -. Michael non era mai soddisfatto, voleva continuare a crescere e migliorare, come tutti i veri artisti e si ispirava ai grandi di tutte le arti, da Bob Fosse a James Brown”. Per il film “abbiamo avuto completo accesso a cose che nessuno ha mai visto. Lasciamo stare l’altra ‘roba’ su di lui, pensiamo al lavoro incredibile che ci ha lasciato”.

Nel documentario ci sono anche decine di interviste dell’epoca e nuove, con i collaboratori del musicista e, fra gli altri, Martin Scorsese (regista del video di Bad), Stevie Wonder, Mariah Carey, Sheryl Crow (che era corista nel tour di Bad), Kanye West, e il nuovo idolo pop Justin Bieber. Manca Quincy Jones (presente però abbondantemente nel materiale d’archivio), produttore di Bad come dei precedenti album solisti di Jackson, Off the wall e Thriller. ‘Non e’ stato possibile averlo per i suoi impegni – dice Lee -. Ma non volevo in nessun modo sminuire il suo contributo incredibile”. Gli intervistati rievocano anche le loro reazioni alla notizia della morte di Jackson. “Io l’ho saputo durante una conferenza a Cannes – spiega il regista -. Come molti nel documentario, la prima reazione è stata non crederci, finché non l’ha confermato in tv il fratello Jermaine. Quando sono tornato a New York mi sono sorpreso della profondita delle mie emozioni, per un mese non capivo più niente. Poi per un anno la mia famiglia mi ha odiato perché ascoltavo solo i suoi album”.

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