“Venti anni vissuti pericolosamente senza Cuore”. Dove per Cuore si intende il leggendario Settimanale di resistenza umana fondato nel 1989 e diretto nella sua prima fase da Michele Serra. Ieri sera, diciotto anni dopo la chiusura, chiamati da Immaginario Festival in corso a Perugia (si conclude questa sera), alcuni di coloro che presero parte a quella esperienza editoriale unica nel suo genere, ma anche giornalistica e politica, hanno raccontato come è andata. Di cosa fu Cuore ha parlato soprattutto la mostra a Palazzo della Penna di alcune delle copertine più corrosive, che rimandano ai protagonisti della vita politica degli anni Novanta, non tutti usciti di scena. Stefano Disegni, Luca Bottura, Roberto Grassilli, Beppe Mora, Piermaria Romani respingono ogni tentazione di “reducismo” ma inevitabilmente i ricordi tornano ad una stagione irripetibile, a partire dal racconto di come Cuore nacque. Loro la raccontano così: l’inserto satirico dell’Unità, Tango, fu chiuso per via di una copertina eccessivamente irriverente sul segretario Natta, e dopo un po’ Massimo D’Alema chiese a Serra di lavorare ad un nuovo inserto, che doveva però trattare solo di cultura: niente satira. Il risultato fu Cuore. Il giornale, che intanto si era staccato dal quotidiano ed era diventato un settimanale autonomo, ebbe vita lunga, considerando che secondo Serra una testata satirica ha già alla nascita la data di scadenza come lo yogurt, e conobbe un successo imprevedibile, sia di vendite che di autorevolezza (“un riferimento politico e culturale, ci chiedevano la linea”). Naturalmente la spregiudicatezza era figlia della massima libertà, anche di linguaggi, e se non mancarono le querele, sostanzialmente i politici stavano al gioco. Ed oggi? Il giudizio degli ex di Cuore non è ottimistico: al contrario di quanto accade nei paesi europei, in Italia non c’è una domanda di un nuovo giornale satirico, o forse, dicono, la domanda è già coperta da giornali apparentemente seri.