Lucio Battisti le scrisse un pezzo, che lei rifiutò, perché, parola sua, “bruttarello”. Così Gianna Nannini, alla vigilia della partenza del suo “Inno Tour”, il prossimo 9 aprile, racconta gli inizi della sua carriera, in un’intervista al mensile Rolling Stone.

Era l’inizio degli anni ’70 e la rocker era stata scritturata dalla Numero Uno: “Claudio Fabi cominciò a lavorare con me, mentre Battisti lo vidi una volta sola. Mi doveva scrivere un pezzo, ma non funzionò”. Una canzone che, dice l’artista, “poi cantò Pappalardo, faceva ‘con il martello si romperà l’amor’, uno dei brani più brutti di Battisti e Mogol, più brutto di così si muore. Alla fine, convinsi Fabi a farmi fare il primo album con tutti pezzi miei e con le mie ingenuità. Claudio mi traghettò alla Ricordi e mi lasciò così com’ero, non correggeva i miei errori, quasi li esaltava”. Sull’ultimo album e sulla canzone “Inno”, che si è rivestita di implicazioni elettorali: “Sono contenta che abbiano scelto ‘Inno’ come musica del Pd, perché la vogliono usare per far gruppo, per compattarsi. L’ho trovato coraggioso. Avrebbe perfino potuto cantarla Renzi”.

 

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