Lo stato deve intervenire con una “politica intelligente di incentivi per rilanciare Cinecitta’. Bisogna premiare chi resta qui e non va all’estero”. Il regista Carlo Verdone chiama in causa le istituzioni per rilanciare gli storici Studios capitolini e fermare la delocalizzazione delle produzioni. E non rinuncia all’Italia come fonte d’ispirazione per i suoi prossimi lavori, come invece hanno fatto Carlo Vanzina, che realizzera’ il suo prossimo film negli States, e De Laurentiis che ha guarda al mercato cinese.

“Non voglio andare a lavorare lontano dall’Italia – dichiara all’Adnkronos – Voglio analizzare il mio Paese nelle sue magagne e nel buono che c’e'”. “Il rilancio di Cinecitta’ – spiega l’attore e regista – deve avvenire frenando l’emorragia di produzioni che preferiscono lavorare all’estero piuttosto che da noi. Alcune espatriano a Bucarest dove arrivano a risparmiare anche il 60%. Ecco perche’ e’ necessario che lo Stato intervenga con delle leggi che premino chi resta in Italia”. “Ad esempio – ipotizza- 5 produzioni Mediaset e 5 produzioni Rai dovrebbero essere incentivate a lavorare a Cinecitta’, invece che all’estero. Quando le produzioni espatriano i nostri scenografi, costumisti e gli attori non protagonisti restano fuori dai giochi. Dobbiamo piuttosto invertire la rotta ed essere noi ad attirare le produzioni straniere”.  Verdone poi, si sofferma sulle possibilita’ di sviluppo sulle quali Cinecitta’ dovrebbe fare leva. “Nei nostri Studios – sottolinea- potrebbe sorgere anche un centro sul digitale che rappresenta il futuro. E sarebbe il caso di incentivare il sonoro e l’alta definizione”. Il regista romano torna poi sul desiderio di alcuni registi e produttori di lasciare l’Italia: “pobabilmente non si sentono piu’ in grado di raccontare il nostro Paese soprattutto in un periodo difficile come questo. Siamo cosi’ in crisi che ci vendiamo anche i nostri beni culturali, come torri o monumenti. Stiamo svendendo qualunque cosa. E cio’ la dice lunga sulla crisi che stiamo attraversando”. Verdone, pero’, non ci sta: “Io – rimarca – voglio restare qui per descrivere la nostra societa’ come ho fatto in ‘Posti in piedi in Paradiso’, raccontando la storia di tre uomini che non arrivavano alla fine del mese. E poi, diciamolo, anche negli altri Paesi ci sono tanti problemi. In fondo, siamo sulla stessa barca”.

 

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